Il Litorale • 15/2019
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Pag. 16 Il Litorale ANNO XIX - N° 15 - 1/15 SETTEMBRE 2019
Arrivato dai Musei Vaticani al
Museo Civico Archeologico di
Anzio, la statua del Pescatore è
una rappresentazione plastica di
estremo interesse. Scolpita nel II
sec. d.C. (130-140 d.C.) in mar-
mo pario è stata trovata, in più
pezzi, ad Anzio nel XVII secolo.
Riassemblata ed integrata la sta-
tua rappresenta un vecchio, iden-
tificato come pescatore per il ce-
stello in vimini contenenti piccoli
pesci, in atto di camminare, con il
busto flesso in avanti, le gambe
leggermente piegate e con una
mano protesa.
Ma osserviamolo meglio!
E’ veramente vecchio?
Così ci appare ma potrebbe esse-
re anche di no, in quanto il tono
muscolare di braccia e gambe è
ancora molto tonico, le natiche
sono “appassite” ma non cadenti,
così come il seno è flesso ma non
afflosciato; ed allora quanti anni
ha? Chi è? Cosa rappresenta?
Sappiamo che la statuaria Greca
era propensa ad idealizzare l’im-
magine, avendo come obiettivo il
bello, la proporzione, ecc.; a dif-
ferenza la statuaria Romana era
più attenta alla rappresentazione
realistica del personaggio (anche
se venivano spesso aggiustati e
ringiovaniti i lineamenti); tuttavia
entrambe le scuole artistiche ave-
vano per soggetti personaggi mi-
tici, divini o comunque riprodu-
zioni di un ceto sociale elevato.
In questo caso, invece, è un uomo
del popolo ad essere rappresenta-
to, anzi, probabilmente del bas-
sissimo ceto sociale se non addi-
rittura servile.
Allora vecchio?
Era un uomo che mangiava poco
e lavorava molto, pressoché nu-
do, esposto alle intemperie, cotto
dal sole e dalla salsedine; quaran-
t’anni?
Ma non è tutto!
La nostra indagine allora deve es-
sere più accurata ed ecco che pos-
siamo notare come sulle braccia e
sul collo siano ben visibili delle
vene ingrossate sintomo di un
ipertensione arteriosa (dovuta alla
fatica fisica?), poi dobbiamo sof-
fermarci al volto, sofferente, in
cui spicca la rientranza mandibo-
lare sinistra (segno della mancan-
za dell’arcata superiore dentale?),
e poi il labbro sporgente e legger-
mente pendente sulla destra (po-
trebbe dirci una emiparesi faccia-
le od un principio di morbo di
Parkinson?). Ma non finisce qui
perché, spostandoci di fronte a
lui, possiamo notare una leggera
flessione del busto a sinistra che
potrebbe evidenziare una scoliosi,
che però scoliosi non è perché,
andando alle spalle della statua,
notiamo la colonna vertebrale
perfettamente dritta, ed allora
perché quella flessione?
Quello che ci aiuta a capire è
l’osservazione delle scapole,
quella sinistra flessa sostiene il
peso del cestello tenuto con la
mano sinistra, ma allora perché
quella di destra è invece sollevata
in alto? A destra non ci sono pesi!
C’è però un qualcosa di estrema-
mente importante! Sul costato di
destra è ben evidenziata una ba-
stonata che ha rotto tre costole!
Sono quelle costole rotte che ob-
bligano la flessione del busto in
quanto, se non sostenute, quelle
costole entrerebbero nel polmone
destro; ed è questo che spiega la
diversa dimensione della cassa
toracica (vista da retro), più gran-
de la sinistra, in quanto è con il
polmone sinistro che quell’uomo
doveva respirare prevalentemen-
te!
Cosa aggiungere di più?
Siamo in presenza di una statua
che mal si adatta ad un ambiente
celebrativo imperiale ma, vice-
versa, ben consono con una villa
in cui la “filosofia” la faccia da
padrone!
Benvenga la villa di Seneca allo-
ra! Ma al di là di ogni considera-
zione quella statua è un uomo,
provato nella fatica fisica, basto-
nato a morte, vacillante, ansiman-
te, morente! Un uomo che proten-
de la sua mano verso di noi chie-
dendoci aiuto!
“Sto morendo! Aiutatemi”!
Un capolavoro che probabilmente
non ha eguali al Museo Civico
Archeologico di Anzio.
Maurizio Stasi
Quando la giustizia subisce il peso della politica e solleva un polverone mediatico
La dodicesima coltellata
L’interessante analisi di Maurizio Stasi sulla statua
Il Pescatore di Anzio
Durante la mia lunga permanenza
negli Stati Uniti ho acquisito la
netta consapevolezza che ogni
americano, anche di recente im-
migrazione, è convinto del fatto
che essere americano equivalga
ad uno stato di privilegio. L’ho
verificato nei consessi internazio-
nali in cui ho operato per tanti an-
ni dove si evita in modo sistema-
tico che personale americano sia
posto alle dipendenze di persona-
le di altre nazioni, questo è parti-
colarmente vero nelle organizza-
zioni militari multinazionali ed in
quelle di contesti intergovernati-
vi. Questo nasce da una suprema-
zia psicologica conquistata da
quel popolo nella storia recente,
una supremazia politica e militare
che origina da una guerra vinta e
dal mantenimento in Europa di un
presidio di pace e, per molti
aspetti, di sudditanza. Questo ha
avuto esempi eclatanti di intolle-
rabile ma tollerata arroganza.
L’incidente della funivia del Cer-
mis, spesso definito dagli organi
di informazione come la strage
del Cermis, si riferisce ai fatti av-
venuti il 3 febbraio 1998 quando
l’ aereo militare statunitense un
Grumman EA-6B Prowler della
United States Marine Corps, vo-
lando a una quota inferiore a
quanto concesso e in violazione
dei regolamenti, tranciò il cavo
della funivia del Cermis, facendo
precipitare la cabina e provocan-
do la morte dei venti occupanti.
L’incidente sarebbe avvenuto per
permettere ai piloti statunitensi di
“divertirsi” e “riprendere filmati
del panorama”. Joseph Schweit-
zer, uno dei due piloti americani
coinvolti nell’incidente, nel 2012
confessò di aver distrutto, al suo
ritorno alla base, il nastro video
che avrebbe consentito di svelare
la verità sull’incidente. I due mili-
tari responsabili di quella strage
commessa in Italia furono rila-
sciati al giudizio della legislazio-
ne americana. Il capitano Richard
J. Ashby, pilota dell’aereo, e il
suo navigatore furono sottoposti a
processo negli Stati Uniti e assolti
dalle accuse di omicidio preterin-
tenzionale e omicidio colposo.
Una lunga premessa che non può
essere dimenticata quando si sta
trattando del caso dei due ragazzi
americani di “buona famiglia”
che erano venuti in vacanza nel
nostro Paese alloggiando in alber-
go a 4 stelle portandosi dietro, un
pugnale da guerra usato dai Mari-
nes certamente poco adatto a
sbucciare una mela. I due ragazzi
che, alla ricerca di sballo da co-
caina restano imbrigliati in una
piccola truffa alla quale rispondo-
no con un furto e richiesta di ri-
scatto per quanto rubato, si imbat-
tono in due Carabinieri chiamati
dal derubato. All’atto della richie-
sta di identificazione uno dei due
“ragazzi di buona famiglia” tira
fuori il pugnale e colpisce il capo
pattuglia per ben 11 volte e lo uc-
cide mentre il suo amico colpisce
e ferisce l’altra Carabiniere. Que-
sti i fatti nudi e crudi, semplici fi-
no all’inverosimile; fatti in cui il
ruolo di omicida del V. Brig Ma-
rio Cerciello Rega non può che
essere attribuito a Finnegan Elder
Lee, dopo che ha confessato e che
l’arma del delitto è stata trovata
nella sua stanza d’albergo. A
complicare i fatti viene pubblicata
da tutti i giornali del mondo una
foto che fa molto più effetto di
quello che forse significa: Gabriel
Christian Natale Hjorth il compli-
ce di quello che i fatti indicano
come l’assassino del sottufficiale
è ritratto in un ufficio dei Carabi-
nieri, a capo reclino, ammanettato
e bendato. La stampa americana
grida allo scandalo, si riferisce al
sistema giudiziario italiano in
modo sarcastico, si comincia a
guardare intensamente il dito in
modo strumentale per evitare di
guardare la luna immensa di un
efferato delitto. Ancora una volta
l’apparato giornalistico america-
no si pone in difesa di un presun-
to assassino con l’intento non tan-
to nascosto di sottrarlo alla giusti-
zia del paese i cui il delitto fu
commesso; come nel caso dei pi-
loti del Cermis o l’omicidio in cui
fu implicata Amanda Knox, per il
quale non sono pochi coloro che
ancora non sono convinti dell’esi-
to giudiziario. Solo per un attimo
vorrei ribaltare il luogo degli
eventi e porlo al centro di una
grande città americana dove due
turisti italiani colpiscono due po-
liziotti americani uccidendone
uno e poi tranquillamente si al-
lontanano con il poliziotto rima-
sto solo leggermente ferito li la-
scia andare via. Diciamo allora
subito che i due giovani delin-
quenti americani sono vivi solo
perchè hanno commesso un omi-
cidio in Italia, perché se lo aves-
sero commesso nel proprio paese
ora sarebbero defunti. Di foto di
poliziotti che sparano alle spalle
di persone specialmente se di pel-
le nera, che scappano per molto
meno che il compimento di un
omicidio, è piena la cronaca ame-
ricana. Certo che tanti piccoli
quesiti aspettano una risposta che
deve essere data dalle nostre isti-
tuzioni per quanto attiene alle
procedure di ingaggio in azioni di
pubblica sicurezza, ma anche dal-
l’Arma dei carabinieri sul perché
del procedimento adottato dal sot-
tufficiale responsabile nel benda-
re un sospettato. Ma, ancora di
più, perché quella foto fu fatta e
fu poi venduta alla stampa, certa-
mente da un altro militare del-
l’Arma visto che si suppone che
in una stanza dove avvengono in-
terrogatori non siano ammessi cit-
tadini di passaggio. E poi come
mai il povero sottufficiale assassi-
nato sia uscito per un’azione di
polizia senza portare con se l’ar-
ma di ordinanza. Chiarimenti di
fatti e eventi a cui dovrà essere
data una risposta ma che non pos-
sono far perdere di vista che due
ragazzi hanno assassinato un Ca-
rabiniere ferendone un altro e
che, come dichiarato dalla Procu-
ratore Prestipino ogni atto relati-
vo alla tutela degli indagati è stata
garantito. La Stampa americana
che si scandalizza per una foto di
un complice di presunto reo omi-
cida bendato vada a documentarsi
su cosa succede durante gli inter-
rogatori della Polizia Criminale
del loro Paese, faccia un’indagine
su quali siano i diritti dei detenuti
nelle carceri come quella di
Guantanamo, analizzino il pro-
prio sistema giudiziario in cui il
Pubblico Ministero è una carica
politica e dipende dal potere poli-
tico. Rivedano le cronache di vio-
lenza e di omicidi commessi dalle
varie polizie americane: nel no-
stro Paese muoiono ogni anno cir-
ca 400 persone per armi da fuoco,
negli Stati Uniti, dove avvengono
stragi a ritmo quasi giornaliero,
oltre 40.000, pari a circa 10 volte
la media europea. Riflettano a
lungo sul fatto che nel loro Paese,
al pari della Cina e dell’Iran, pra-
tica la pena di morte e ricordino
Sacco e Vanzetti. Il delitto del po-
vero Carabiniere deve insegnarci
alcune cose ma non devono farlo
i concittadini di chi il delitto ha
commesso. Con tutti i limiti di
un’organizzazione inadeguata, il
sistema giudiziario italiano offre
tutte, a volte fin troppe, le garan-
zie della difesa e certamente quel-
le di un equo processo. Come ha
con enfasi richiesto il Comandan-
te dell’Arma, non dovrà essere
permesso che al Carabiniere as-
sassinato con undici coltellate il
polverone mediatico e l’ingerenza
della politica infliggano la dodi-
cesima.
Sergio Franchi
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