Oggi il periodo natalizio è all’insegna del consumismo
Festività natalizie
Le festività natalizie costituiscono un ciclo rituale di 12 giorni, l’ultimo ciclo lungo di festività residuale nelle società occidentali. Uno spazio temporale che interrompe la serialità della vita convenzionale in un arco di tempo che va dalla Vigilia alla Epifania e che, nella sua sacralità, segna l’uscita stagionale dall’infero regime notturno dominato dall’oscurità. Costituisce così il primo piccolo passaggio verso la luce e il rinnovamento che segue il solstizio invernale: la vita riprende il suo ciclo dopo la sospensione ‘notturna’. L’elevato livello di consumismo natalizio dell’attuale occidente, è il punto ultimo di un percorso che ha inizio dal primo medio evo ed è caratterizzato dall’austerità spartana, severa e penitenziale; secoli dopo, nella rivoluzione industriale e nell’800, il natale assume i toni festosi lasciandosi alle spalle le auree mistiche e ascetiche-allegoriche medioevali e rinascimentali, poi la ‘costruzione sociale dell’infanzia’ (A. Censi, “La costruzione sociale dell’infanzia”, F. Angeli edit., Milano 2001) fa sì che il Natale assuma sempre più le caratteristiche di gioiosa festa dei bambini.
Diventa la festa delle luci artificiali (evocativa della festa delle luci di lontana ispirazione ebraica) con l’istallazione dell’illuminazione e dei lampioni delle città, successivamente l’energia elettrica contrassegna queste festività come periodo dell’anno ad auspicio dell’avvento progressivo della luminosità solare. Con l’aumento delle circolazioni delle merci, i doni si fanno più numerosi e sempre più ‘gratuiti’, nel senso che diventano sempre più funzionali alla solidità sociale, a conferma delle relazioni di amicizia, parentela e scambio. Il tempo cronologico, scandito, frenetico e progressivo della ferialità, in questi dodici giorni, si dilata e sembra, almeno la notte di Natale, lasciare spazio a un tempo inteso come ‘durata’, un tempo sospeso, rarefatto, evocativo, vissuto soggettivamente, soprattutto nei bambini. E’ un tempo antico al quale il Cristianesimo ha dato nuove modulazioni e nuovi significati, trasformando le cerimonie di passaggio solstiziale pre-cristiane, in celebrazioni rivolte a un Dio unico, che viene alla luce per redimere l’umanità dalle infere tenebre del peccato e del paganesimo. Un tempo sacrale che mette fra parentesi il divenire regolare del cronos e della quotidianità degli altri giorni dell’anno; una stratificazione simbolica e di riti che il consumismo, quello mediatico e di massa dei nostri ultimi decenni, ha trasformato sempre più profondamente, ibridandolo di un neo paganesimo spurio e festaiolo.
Molti sostengono, storcendo la bocca in un risolino cinico, che Babbo natale abbia, almeno parzialmente e a fini edonistici, preso il posto di Gesù Bambino. Francamente non so confermare né controbattere, una affermazione così prosaica e apodittica, posso però dire che Babbo natale non è di natura divina o sacra, e appartiene ad un repertorio mitico assai incerto e confuso, una sfilacciata leggenda nordica, inscritta in un facile folclore senza alcun sostegno di supporti mitici, sacrali o religiosi. Nessun adolescente e nessun adulto crede a Babbo natale. Egli è soprattutto, come sostiene C. Levi Strauss (“Babbo Natale giustiziato”, Sellerio edit- Palermo, IV^ ediz. 2004.), l’espressione –consumerizzata - di uno di quei differenziali che distinguono il pensiero infantile (e magico) da quello adulto: il bambino crede in Babbo natale, l’adulto e l’adolescente no. Una prosaica iconografia (soprattutto il Babbo natale con la coca cola in mano) sulla quale far convergere tutti i luoghi comuni in circolazione sul consumismo natalizio. Una specie di colorato e rubizzo capro espiatorio al quale imputare le ‘colpe’ degli eccessi compulsivi da shopping.
Insomma la kermesse natalizia, omologata in tutto l’occidente, è una grande fusione, un sincretistico ‘bricolage’ di riferimenti mitici, simboli, tradizioni, narrazioni leggendarie (dalla nascita del Fanciullo divino, all’incontro fra lo zoroartrismo iranico rappresentato dai Magi –forse il primo accenno ecumenico nella storia delle religioni monoteiste- alla cometa, alla epifania che si materializza e personalizza nella befana maga-strega benefica ecc.), un intreccio di celebrazioni religiose, sacralità, tradizione e shopping, spiritualismo, materialità ed economia.
Come è andato questo ciclo festivo a Nettuno? E’ presto per esprimere un parere, finora alcuni eventi annunciati nel programma, sono risultati di discreta fattura (come l’appuntamento storico-artistico-performativo sulla Natività organizzata dall’IBIS, o il concerto della Corale o quello degli Ottoni), altri meno. Le luminarie cittadine (Natale è stato detto è anche festa delle luci), fatta salva la buona volontà di molti cittadini comuni e molti commercianti, che hanno dato lustro ai balconi di casa e alle vetrine di propria pertinenza soprattutto nell’area centrale della piazza, mi sono sembrate alquanto scarse, almeno se confrontata con quella degli anni passati o con quelle delle cittadine vicine.
A colpo d’occhio mi sembra che lo scenario illuminatorio sia stato –diciamo- molto ‘contenuto’. Mettendola sul piano della virtuosa sobrietà e del contrasto all’inquinamento da luminescenza; infatti lo scenario luminoso sembravano evocare lo scenario natalizio di quando, bambino nella seconda metà degli anni 50, trascorrevo i Natali nel bianco e nero del secondo dopoguerra; solo che adesso i tempi sono drasticamente cambiati e la luminosità fa parte della spettacolarità della circolazione delle merci e non siamo più agli ‘Umberto D’ e nemmeno a ‘Pane amore e fantasia’ o ‘Poveri ma belli’.
Giuseppe Chitarrini
Un pomeriggio di poesie in tutte le salse, purchè ci sia sempre Nettuno
Memorie Nettunesi
Nettuno, 28 dicembre 2019, Sala Consiliare del Municipio di Nettuno, ore 15, 30, circa.
La sala, addobbata con le rosse stelle di Natale, sistemate in modalità strategica un po’ ovunque, si riempie con lentezza di cittadini che hanno risposto all’invito dell’Associazione Memorie Nettunesi a trascorrere un pomeriggio di poesia il cui programma prevede una successione di uomini, donne, ed anche bambini, alle prese con componimenti in versi, recitati in italiano o in dialetto nettunese purché abbiano come argomento la città di Nettuno. E presto gli spettatori realizzano che ce n’ è per tutti i gusti: rime sciolte, baciate, ironiche, tristi, nostalgiche e perfino a contenuto storico.
Si va da autentiche foto parlate che ritraggono angoli caratteristici della città, come il suo bel borgo con annessi quadrettini di vita quotidiana di allora e di oggi, passando per romantiche serenate fino ad arrivare alla ricostruzione di eventi passati drammatici, come alcuni episodi della Seconda Guerra Mondiale, ovviamente liricizzata per l’ occasione.
Non tutti i declamatori di poesie sono poeti “di professione” ma l’impegno da loro profuso nel compito è, a tratti, davvero lodevole tanto da strappare applausi sinceramente sentiti. Anche i bambini non sono da meno. Jana, una bambina dell’Est Europa, di quinta elementare del San Giovanni al Borgo, dimostra una buona disinvoltura nel recitare versi in nettunese, per di più, con venature quasi sarcastiche che potrebbero mettere a dura prova anche un adulto italiano.
Il pubblico si emoziona, ma si diverte anche, grazie agli stacchetti comici programmati ogni certo numero di liriche, ben rappresentati da componenti dell’Associazione organizzatrice, prestatisi volentieri al gioco. Poesie e sketches, poi, sono a loro volta interrotti da sipari musicali eseguiti dal bravo fisarmonicista Gino che suona note melodie del passato, contribuendo ad accrescere l’ allegra atmosfera di festa creatasi nella sala.
Ma chi sono i poeti che salgono sul palco di legno ad emiciclo, abitualmente occupato dai politici di Nettuno? Qualche nome? Maurizio Stasi e Roberta Collu, dell’Associazione Poeti Estinti; Bruno Laurenzi, Vincenzo D’Annibale e Giacomo Antognarelli, provenienti da altre associazioni culturali, ma pure Rodolfo Ottolini, Roberto Andreozzi, Salvatore Mancini, Rosalba Ottolini, Daniela De Franceschi ed altri, appartenenti proprio all’Associazione Memorie Nettunesi.
Alla fine, il pubblico ha goduto quasi due ore di poesia in tutte le salse, in cui Nettuno è stata l’assoluta protagonista. E la serata è terminata in gloria, con la consegna delle pergamene di partecipazione ai poeti che hanno declamato i loro versi.
L’evento è stato possibile grazie alla concessione del patrocinio da parte del Comune di Nettuno e non solo.
E’ stato anche inserito fra gli eventi importanti del calendario natalizio cittadino, fatto che inorgoglisce i soci delle Memorie, incoraggiandoli a programmare altre consistenti iniziative allo scopo di arricchire il patrimonio culturale della città.
Il nome stesso dell’Associazione la dice lunga su questo punto: Memorie Nettunesi, in parole povere, vuol dire recuperare, attraverso pazienti e minuziose ricerche storiche e fotografiche, la Nettuno che fu, ma anche testimoniare la Nettuno che è ora, e costruire la Nettuno che, si spera, sarà in futuro.
Paola Leoncini