Abbiamo conosciuto Ilaria e Martina che donano sorrisi in corsia di ospedale
Il mondo della clown terapia
Oggi sono in compagnia di Ilaria e Martina, due donne di età diversa: Ilaria ha 45 anni, Martina ne ha 24, ma con un grande obiettivo che le accomuna: Quello di regalare sorrisi.
Ilaria e Martina fanno clownterapia: andiamo a conoscerle insieme.
- Ciao ragazze, so che voi due avete fatto un corso organizzato dall’Associazione Teniamoci per mano onlus che prepara le persone a diventare clown di corsia. Cosa vi ha spinto a frequentare questo corso?
- Ilaria: “Dopo un lungo periodo passato in ospedale dove mi sono resa conto di riuscire a donare sorrisi a malati, infermieri e dottori con facilità, mi sono ripromessa che appena sarei stata meglio avrei sfruttato questa mia capacità dove ce ne fosse stato più bisogno e trovando questa associazione, ho deciso di fare il corso”.
- Martina: “Mi ha spinto il desiderio di trasformare un momento di sofferenza in qualcosa di sopportabile e perché no? Quando ci si riesce anche leggero”.
- Nello specifico cosa fate esattamente?
- “Ci rechiamo negli ospedali, case di riposo, istituti per ragazzi disabili e ragazzi affetti dalla sindrome di Down e casa che ospitano bambini immunodepressi. In queste strutture, con il nostro inseparabile naso rosso, portiamo giochi, allegria e sorrisi”.
- Avete un nome da clown?
- Ilaria: “Il mio è Paffucsian. Questo nome mi rappresenta perché io mi sono vista sempre un po’ paffutella e poi perché il fucsia che è il mio colore preferito rappresenta il colore della mia vita”.
- Martina: “Il mio è Olly. Da piccola ero magra e alta e tutti mi dicevano che assomigliavo a Olivia, la compagna di Braccio di ferro”.
- Vi ricordate il vostro primo giorno in corsia? Cosa avete provato? Cosa vi ha lasciato dentro quel primo giorno?
- Ilaria: “Il mio primo giorno è stato il 22 marzo 2019 insieme alle mie sorelle di naso Rotolo, Pippi e Cocò ed ero all’ospedale Sandro Pertini reparto di pediatria. Ero emozionata, un desiderio si stava realizzando. Avevo un po’ paura di ciò che mi sarei trovata davanti, se mai sarei stata capace di mettere in pratica il qui e ora, ma è bastato indossare il camice, mettere il naso rosso ed è diventata pura magia. L’emozione e la gioia di quel giorno mi accompagnano ancora oggi”.
- Martina: “Me lo ricordo bene. Era il 21 marzo del 2019. Era un caldo giorno di primavera, ero insieme alle mie sorelle di naso Rotolo, Beba, Funghetta e Nenè nel reparto di Pediatria del Pertini di Roma. All’inizio ero un fascio di nervi ed ansia, non sapevo se fossi mai stata in grado di essere all’altezza di quel delicato compito. Appena iniziata la corsia, invece ho sentito una vera e propria felicità esplodermi dentro che mi ha fatto dimenticare tutto. Quello era il mio posto nel mondo. Quel giorno dentro mi ha lasciato felicità. Emozione, tenerezza e amore”.
- Cosa vi da il regalare sorrisi e cosa vi da lo stare insieme a persone che soffrono?
- “Ci fa toccare con mano le infinite sfumature di colore dell’emozione dell’animo umano, Entrare in un luogo grigio ed uscirne sentendo gioia. Allegria e gratitudine ti fa capire che hai fatto la scelta giusta”.
- Questo percorso vi ha cambiato come persone o siete le stesse Ilaria e Martina che eravate prima di avvicinarvi a questo mondo?
- Ilaria: “Non puoi rimanere uguale quando vedi con i tuoi occhi delle realtà forti prima mai incontrate. Apprezzi la vita come un grande dono e le cose che prima davi per scontate ora le vivi e le apprezzi in maniera totale, anche le sofferenze le vivi diversamente”.
-Martina: “Avvicinarsi a questo mondo mi ha cambiata facendomi sentire arricchita di nuove emozioni, adesso vedo il mondo con occhi diversi che prima non ero in grado di vedere”.
- Secondo voi per fare clowterapia servono dei particolari requisiti o chiunque può indossare il naso rosso e regalare sorrisi?
- “Nessuno è escluso dalla clown terapia, l’unico requisito richiesto è quello di regalare sorrisi e leggerezza”.
- Se qualche lettore volesse avvicinarsi a questo mondo avete dei riferimenti da darci?
- “La nostra pagina facebook:
Teniamoci per Mano Onlus - distretto di Roma e il nostro sito:
www.teniamocipermanoonlus.net”.
Un grazie di cuore a Ilaria e Martina per averci portato nel mondo della clown terapia, un grazie a loro e a tutte le loro sorelle e fratelli di naso per regalare un sorriso a chi si trova a vivere un momento di sofferenza.
Barbara Balestrieri
La vedovanza
Giuseppe aveva sofferto molto dopo la morte della moglie. Erano coetanei e fin da piccoli si erano promessi eterno amore. E così era stato.
Avevano avuto due figli, lui lavorava in una libreria, lei donna di casa, attenta al suo uomo e alle loro cose. Non vivevano nell’oro, ma erano comunque felici. A Natale, a Pasqua le grandi riunioni di famiglia, scambio di auguri e di regali e poi qualche viaggetto ci era pure scappato: a Venezia, a Napoli, Parigi, sempre con i viaggi organizzati per via della lingua. La loro vita trascorreva così, nell’estrema semplicità. Giuseppe e la moglie erano più di una coppia, più di una coppia felice: un punto di riferimento.
Ma un brutto giorno la moglie se ne andò. Un infarto. Nonostante le cure immediate al pronto soccorso, non c’era stato niente da fare.
Dire del dolore di Giuseppe è impossibile: un uomo distrutto, un uomo a cui è crollato il mondo, un uomo lacerato. Sono passati dieci anni e Giuseppe oggi è un vecchio pensionato, circondato da mille persone affettuose, anziani, giovani, bambini, dai figli e dai nipoti.
Vive della memoria del passato e del vuoto dell’avvenire. Va spesso al cimitero a portare un fiore, sempre uno diverso dall’altro, alla moglie piaceva la casa sempre di vasi e di fiori, di tutti i colori.
Giorni fa mi ha confidato un suo pensiero: “Non esiste l’uomo, non esiste la donna: esiste la coppia, come una mela, un’arancia. Mezza mela è sempre la metà di un tutto. Io e mia moglie siamo due metà. La mia, ora, è solo un’attesa. Ho imparato tante cose dalla vita che abbiamo trascorso insieme e posso dire di essere a mio modo felice. I ricordi sono tanti… e sono mezzo felice quando le porto un fiore, uno solo ma sempre diverso. Le parlo e lei mi ascolta, lo so, e mi risponde anche… l’immaginazione è sempre una realtà, diversa, ma è vera, è vera perché è una cosa che c’è,… sta qui dentro di me e non è meno vera”.
Poi tacque e mi guardò, e sorrideva, anche se spuntava una lacrima. Era felice, mezzo felice, come diceva lui e mi parlò dei suoi figli, dei suoi nipoti, degli altri parenti.
E’ infelice Giuseppe? Non lo so.
E’ felice a metà? Si può essere felici a metà? Non so.
Giuseppe lo sa, Giuseppe lo è.
E’ sempre sorridente. Ha imparato a fare del suo grande dolore una grande attesa, quella di rivedere la moglie quando sarà la sua ora.
Zio Giuseppe, così lo chiamano, è un punto di riferimento per i nipoti che, a turno, lo accompagnano dal medico, a fare la spesa, che lo invitano spesso nelle loro case.
In effetti, forse non lo sanno, sono loro ad aver bisogno di lui, della sua saggezza, della sua fermezza, delle sue convinzioni profonde sui valori della vita, quelli veri, gli affetti.
E quando Giuseppe mancherà, i figli, i nipoti, i parenti, avvertiranno un grande vuoto. E Giuseppe sarà lassù in eterno con la moglie a cogliere i fiori sulle stelle per fare del paradiso un luogo sempre più colorito.
Guglielmo Di Dionisio
Il libro del giornalista Attilio Bolzoni di “La Repubblica”
Padrino dell’antimafia
Attilio Bolzoni, Il padrino dell’antimafia”, Ediz. Zolfo, Milano 2019.
Attilio Bolzoni è uno stimato giornalista de “La Repubblica”, impegnato in inchieste, articoli, saggi riguardanti la Sicilia e la mafia. Il libro ci racconta la storia di Calogero Antonio Montante (Antonello Montante): un personaggio ambivalente, non si capisce fino a che punto ‘pupo’ o ‘puparo’ e che comunque è stato condannato di recente a 14 anni con rito abbreviato (cfr. l’ultimo articolo dello stesso A. Bolzoni su “La Repubblica” del 10 ottobre 2019, p. 30, dal titolo ‘La mafia si fa trasparente’), una figura emblematica degli intrighi, trabocchetti e delle macchinazioni che una certa mafia di oggi: la ‘mafia grigia’ (o anche ‘la mafia degli incensurati’), per distinguerla dalla ‘mafia nera’ più sanguinaria e omicidiaria, è in grado di architettare per gestire, ma anche per creare, potere e grandi profitti.
Sembra inoltre che questo A. Montante, tra le altre cose ex dirigente siciliano della Confindustria (delegato proprio alla Legalità!), sia in possesso di almeno parte delle registrazioni delle intercettazioni riguardanti le conversazioni fra l’ex ministro Mancino e l’ex Presidente della Repubblica G. Napolitano, a proposito della vexata quaestio delle cosiddette trattative Stato-mafia.
Lo scenario delle organizzazioni malavitose oggi in Italia è molto composita, e variegata oltre che diffusa e pericolosa per la tenuta delle istituzioni e di un minimo di coesione nazionale; semplificando credo si possa sintetizzare dicendo che lo scenario che emerge è quello che dipinge da un lato una mafia antica e leggendaria, quella dei codici d’onore, della scoppola e della doppietta, legata a una realtà pre-urbana, che ormai da molto tempo non esiste più o è completamente residuale. D’altro canto anche la mafia sanguinosa e stragista dei corleonesi che pare sia stata messa, almeno al momento, in un cassetto; la mafia emergente è ormai quella legata alle attività economiche cosiddette ‘parallele’, cioè quelle attività illegali che fiancheggiano parallelamente e in maniera ‘mimetica’ le attività legali (la mafia dei ‘colletti bianchi’).
Una mafia articolata, viva e vegeta ma su posizioni defilate. A. Bolzoni, sottolinea, descrivendo i modus operandi e la presenza forte e diffusa. Una che si potrebbe definire ‘mafia grigia’ (o trasparente perché invisibile) che si caratterizza per il prevalere di attività illegali di tipo finanziario non più parallele alle attività più o meno legali, ma che si interseca con i percorsi legali, un’economia prevaricante che si intreccia e si fonde in un tutt’uno con frange del capitale finanziario, facendosi generativa dei processi e delle dinamiche non solo economico-finanziarie, ma anche della società tutta.
Tutto questo, ovviamente, al netto di tutte le altre mafie che convivono sui territori italiani: il recente ritorno della ‘stidda’ nelle zone di Gela, Caltanissetta, Ragusa; e poi la pervasiva e tenace ‘ndrangheta, le organizzazioni pugliesi, e poi tutte le mafie cosiddette ‘etniche’: albanese, cinese, ghanese…che hanno trovato in Italia un terreno fertile, prosperando nei confini di un capitalismo finanziario, improduttivo e sempre più predatorio.
Il libro venne presentato nel novembre 2019, presso la libreria Fahrenheit 451, pochi giorni prima che la libreria –purtroppo- chiudesse i battenti.
Giuseppe Chitarrini