diavolo con questa gran fandonia!”. Orrore tra tutti i presenti! Non solo la formula era un anatema, era anche bislacca, la metrica faceva cilecca, non erano due endecasillabi! E cosa ancora più grave, all’elefantessa, già spaventata dalla sua faccia, aveva rovesciato nome e cognome e ciò faceva presagire una disgrazia.
Era il secondo parto di Sonia Comparsita o Comparsita Sonia; il primo era avvenuto più di cinque anni fa - quand’era nata Veronella Schiaccianoci o Schiaccianoci Veronella -, vissuto anche allora da tutti come fosse quello di una donna: stesse ansie, stessi timori, stessa esplosione di gioia all’evento che s’era concluso lietamente: urrà, urrà! e lo stappo di molte bottiglie di vino.
Sonia Comparsita o Comparsita Sonia fece un ultimo sforzo e l’elefantino cadde sopra un mucchio di soffice erba, ancora avvolto nella sua placenta; l’elefantessa si girò, emise un leggero barrito e con la proboscide prese a nettarlo, aiutata dal veterinario e dal domatore. E fu quando l’elefantino fece per alzarsi che il timore dei presenti si mutò definitivamente in tragedia: la piccola creatura aveva la zampa destra anteriore vistosamente curvata in dentro, era zoppo, cioè, un piccolo handicappato! Stavano tutti presenti all’evento non solo per vederlo nascere, ma anche per dargli un nome; ora si sentivano tristi e accorati e, mogi mogi, si allontanarono in fila indiana, lasciando a sbrigarsela solo il domatore e quel balordo di veterinario.
Una tragedia! Sì, una vera e propria tragedia e non solo per l’elefantino e per il Circo. Emerito Pantegana o Pantegana Emerito fu regolarmente pagato, ma anche cacciato a malo modo, convinti che fosse stata la sua brutta formula a cagionare la disgrazia. Maestro Pennacchio o Pennacchio Maestro si consumava il cervello a pensare come avrebbe potuto utilizzare il nuovo arrivato, convinto che il Circo, con a capo il suo Direttore, non poteva permettersi di mantenere inoperosa un’altra bocca - e che bocca! -, visto che gli elefanti, in fatto di cibo, non scherzano. I più tristi erano naturalmente i quattro bambini, che non riuscivano a togliersi dalla testa il pensiero di come si sarebbero sentiti, che tristezza e dolore avrebbero avuto, unitamente ai genitori, come questi si sarebbero comportati se, a essere handicappati fossero stati loro. Bambini, sì, ma molto più scafati di altri della loro stessa età, bravini a scuola e che leggevano molto. Vivere nella realtà del Circo matura prima. Un freddo e lungo brivido la notizia del piccolo Giovannino, quattro mesi, abbandonato, a Torino, da coloro che l’avevano voluto e fatto nascere, solo perché affetto da ittiosi, male che attacca la pelle e quasi sempre non dà scampo. La storia di Giovannino è la più recente e neppure la più tragica, perché la triste fine di tante creature indifese, non sufficientemente amate, uccise, abbandonate, buttate nei cassonetti, non è solo dei nostri giorni. A Roma, prima che Innocenzo III mettesse su la ruota degli esposti, quanti bambini indesiderati annegati nel Tevere! A Sparta, la storia - ma forse esagera - racconta che i neonati deformi era norma venissero eliminati. L’uomo è l’animale più crudele, contro se stesso e gli altri, mai apparso sulla faccia della terra, e la legge del profitto e dell’egoismo non è nuova e genitori che amano solo se stessi e consumatori, incapaci di gestire i figli, specie quando sono fragili, sono sempre esistiti.
Un giorno si riunì il Gran Consiglio per decidere la sorte del piccolo animale. Presieduto dal direttore, era composto da tutti, maestranze, impiegati, lavoranti e bambini compresi, purché non inferiori a cinque anni. Si discusse a lungo animatamente e con dolore, ma, alla fine, la spietata legge economica prevalse. Nessuno poteva vivere senza lavorare, perché ne andava la stessa vita del circo; perciò, se entro tre mesi, quattro al massimo, non avrebbero trovato soluzione, l’elefantino sarebbe stato sacrificato: una puntura di veleno e poi la sua carcassa sotterrata in una profonda fossa nel vicino boschetto. Peronetto Napoleone o Napoleone Peronetto aggiunse, contrito, che si era rivolto ad associazioni benefiche e animaliste perché se lo prendessero gratis, senza ottenere risposta e, in ultimo, anche allo zoo della vicina città. “Un elefante handicappato? - ripeté sgranando gli occhi e scandalizzato l’addetto all’ approvvigionamento degli animali - Mai e poi mai!” Non avrebbero saputo che farsene di un elefantino zoppo; sarebbe stato negativo per l’economia dello zoo, anche in relazione all’afflusso di visitatori, i quali, adulti o bambini che fossero, amavano vedere e sentire allegria, divertirsi, giammai rattristarsi di fronte a disgrazie. “Oggi - aggiunse il dirigente, congedando Peronetto Napoleone o Napoleone Peronetto -, siamo tutti ecologici, amiamo le piante e gli animali, specialmente cani e gatti, dei quali riempiamo le case, ma li vogliamo tutti sani e belli; un albero sciancato e sfrondato, un animale handicappato, infondono solo dolore e tristezza”.
Dopo metà settembre, il Circo riprese a girare per città e paesi. Peronetto Napoleone o Napoleone Peronetto aveva lavorato sodo in quei mesi di sosta, organizzando un tour con i fiocchi fino al giugno del prossimo anno e dal quale sarebbero derivati certamente lauti incassi.
Quando gli elefanti eseguivano il loro numero, l’elefantino se ne stava in disparte, nell’ampia gabbia, muovendosi su e giù come un disperato, o strattonando con la proboscide le grosse sbarre come a volerle svellere. Se trovava il cancello aperto, girava lungo il perimetro del Circo a brucare cardi secchi e qualche raro ciuffo d’erba.
Nel pomeriggio di quel Natale, il Circo si trovava a Pomezia, nell’ampio spiazzo verde lungo via Salvo D’Acquisto. Aveva in programma un grande spettacolo, dedicato solo ai bambini. Fin dal mattino della vigilia, a ogni angolo di strada, Fortunella delle Rose o Delle Rose Fortunella, Filodendro o Dendrofilo, Pompeo Assiolo o Assiolo Pompeo, Maestro Pennacchio o Pennacchio Maestro, assieme a Sonia Comparsita o Comparsita Sonia, Veronella Schiaccianoci o Schiaccianoci Veronella, Mamaut Picchiput o Picchiput Mamaut, avevano pubblicizzato l’evento e una folla immensa, allegra, colorata e vociante, stava ora accalcata sotto l’enorme tendone riscaldato, in parte venuta anche dal circondario e dai vicini Castelli Romani. Al suono allegro delle marcette, la trapezista fece un repertorio stupendo, chiudendo con il triplice salto mortale (niente quarto, per non spaventare i bambini); Il clown, con la faccia infarinata, fece sganasciare fino alle lacrime; Fortunella delle Rose o Delle Rose Fortunella, gli occhi brillanti come due stelle, la voce dal timbro perfetto e la bocca atteggiata ad allegria o alla tragedia secondo le esigenze del racconto, parlò di fate, di orchi e di streghe, facendo ridere o abbrividire.
Gli animali non furono di meno, specialmente i cinque cani con il loro numero acrobatico. Quando il piccolo scoiattolo, andando su e giù sull’asticella, in bilico sul muso della piccola Shih Tzu o Tzu Shih, sembrava sul punto di cascare, i bambini, tesi, quasi in trance, le mani in avanti, istintivamente si piegavano ora a destra, ora a sinistra, secondo i movimenti della bestiola.
Infine entrarono gli elefanti accompagnati da Maestro Pennacchio o Pennacchio Maestro. Per prima, si esibirono passando e ripassando, stando su due zampe, senza calpestarlo, sopra il domatore che si era sdraiato sull’arena: Sonia Comparsita o Comparsita Sonia camminava appoggiandosi sul dorso di Mamaut Picchiput o Picchiput Mamaut e sul suo dorso si appoggiava Veronella Schiaccianoci o Schiaccianoci Veronella. Poi, ognuno si appollaiò sul proprio trespolo per rispondere con un leggero barrito alle domande di Maestro Pennacchio o Pennacchio Maestro: “Quanto fa due per due?” Ed ecco Sonia Commparsita o Comparsita Sonia emettere quattro leggeri barriti; “Veronella Schiaccianoci o Schiaccianoci Veronella è la è la più bella del circo?” E tutti insieme gli elefanti ad assentire, muovendo su e giù la proboscide. “Volete bene ai bambini?” E gli elefanti a barrire, sventolare le orecchie e ad alzare in alto la proboscide. Quando, poi, scesi dai loro trespoli, stavano per iniziare la loro solita corsa intorno all’arena, ecco irrompere lo zoppicante elefantino. Barriva, agitava la proboscide, stralunava gli occhi, accentuava più del necessario la sua deficienza da apparire oltremodo buffo.
I bambini si erano alzati in piedi in una vera esplosione di applausi. “Evviva! Evviva!”.
Maestro Pennacchio o Pennacchio Maestro rimase imbambolato con la sua piccola frusta a mezz’aria; gli elefanti si arrestarono irrigiditi, mentre l’elefantino continuava a correre intorno alla pista, si rotolava sulla sabbia, strattonava la proboscide, barriva come un bambino che manda gridolini di gioia quando ruzzola sull’erba fresca di un prato o sulla spiaggia in faccia al mare in una ridente giornata di sole. I piccoli spettatori pensavano che l’elefantino fingesse d’essere zoppo e si sbellicavano dalle risate.
Dopo un buon quarto d’ora di vera e felice baraonda, l’elefantino scomparve da dove era venuto, come un attore consumato, letteralmente sommerso da un nuovo e lunghissimo applauso.
Intanto, mentre il piccolo elefante si esibiva, si era accalcato nell’arena l’intero staff del Circo, tra cui la trapezista, Fortunella delle Rose o Delle Rose Fortunella, le ginnaste, il clown con la faccia ancora infarinata e pure il direttore Peronetto Napoleone o Napoleone Peronetto. Tutti, e tutti ad applaudire, gridare evviva. Una festa! E che festa! Il Gran Consiglio si sarebbe riunito ancora, ma il piccolo elefantino ormai era salvo! Maestro Pennacchio o Pennacchio Maestro avrebbe avuto l’incarico d’inventarsi un programma esclusivo per il piccolo Natalino Trottola o Trottola Natalino, come all’istante venne battezzato.
Domenico Defelice