Un referendum in sordina per cambiare la costituzione ed i seggi parlamentari
Un bluff per un caffè
Il 20 e 21 settembre si vota per il rinnovo di alcuni consigli regionali e di un migliaio di comuni. Come se si trattasse di una decisione di secondaria importanza si è deciso di includere nell’election day anche un referendum per confermare la decisione di un forte taglio dei seggi parlamentari. Praticamente si cambia la Costituzione in uno dei suoi aspetti cruciali, quello della rappresentanza. A parte l’inopportunità di combinare le due diverse espressioni di voto, molti non hanno ancora capito che cosa stia succedendo. Perchè si riduce il numero di deputati e senatori ? perchè si è deciso di apportare una variante cosi importante in un contesto che i Padri Costituzionali hanno voluto stabilire dopo aver ponderato e bilanciato ogni aspetto del nostro assetto parlamentare? Quale è la cornice elettiva in cui tale variante viene attuata? Quali sono i vantaggi in termini di funzionalità delle istituzioni? Se si ha la pazienza di andare indietro nella storia recente ci si accorge che questa è un’altra delle scelleratezze proposte dal Movimento 5 Stelle e votate nell’ambito del loro primordiale concetto populista che le istituzioni sono corrotte, che i parlamentari rubano lo stipendio, che la riduzione porta un beneficio economico al Paese ma, soprattutto sul solco dell’ ideologia del Guru Casalegno che prevede la democrazia della rete per rimpiazzare quella basata sulla rappresentanza parlamentare. Gli Italiani hanno già risposto ad un quesito del genere che chiedeva di abolire il Senato per farlo diventare la Camera delle Regioni, ma quel referendum, che aveva una logica funzionale, fu bocciato solo per fare un dispetto a chi lo aveva proposto. Ora, il cittadino chiamato ad esprimersi su una materia così delicata ha due possibilità: votare si e confermare la modifica istituzionale oppure votare no per negare tale modifica. Quali sono le ragioni del no? due, essenzialmente: la riduzione provoca una minore rappresentanza dei territori e la modifica istituzionale del numero dei parlamentari dovrebbe essere parte di un quadro bilanciato da un’adeguata riforma del metodo di elezione che dia la giusta e democratica rappresentanza alle istanze del popolo italiano. Quali sono le ragioni del Si? un post sul blog del M5S cosi invita a votare si “ approfittiamo di questa occasione per mandare un messaggio chiaro di rinnovamento e partecipazione: andiamo in massa a dire Sì, vogliamo rendere più efficienti la Camera e il Senato, perché sono le assemblee che rappresentano i cittadini, i titolari della sovranità popolare” Non appare chiaro in che modo un numero inferiore di parlamentari possa meglio esprimere rinnovamento e migliorare la partecipazione. Ma la ragione delle ragioni, quella sbandierata sin dai tempi del vaffa, quella voluta da Casaleggio padre e figlio è e resta quella ossessionante del costo della politica. La bandiera del si per i Grillini è quella per cui la modifica farà risparmiare soldi “da destinare alle imprese ed alle famiglie”. E qui inizia il tiro al risparmio: c’è chi parla di mezzo miliardo e chi di 400 milioni a legislatura . Calcoli fatti da Codacons e dall’Osservatorio di Cottarelli portano a valori consolidati che si aggirano intorno agli 80 milioni l’anno che equivale a circa 1,2 Euro a cittadino: il prezzo di un caffè all’anno bevuto in un bar di periferia. Questi sono i fatti: gli Italiani sono chiamati a votare una proposta fatta da chi ha sempre odiato il Parlamento, almeno fino che non lo ha occupato in modo inamovibile, per ridurre il numero di rappresentanti del popolo, senza garantire l’equilibrio rappresentativo che ne consegue e senza ragioni funzionali apprezzabili, al solo scopo di permettere ad ogni cittadino italiano possa acquistare un caffè servito al banco. E quasi certamente l’invito a ridurre, a risparmiare, a punire i parlamentari verrà accettato dagli Italiani che voteranno la riforma alimentando il caos politico e il marasma di un governo che, in barba alla democrazia rappresentativa continua a portare avanti istanze fortemente ideologiche ed irrazionali, mettendo in serio pericolo il futuro del nostro Paese. La riduzione dei parlamentari è il rimasuglio di quel pacchetto di promesse del Movimento 5 Stelle tutte tradite che altri partiti hanno accettato in modo passivo e di cui molti si stanno pentendo di fronte alla mancata predisposizione di una legge elettorale adeguata. Il risparmio del prezzo di un caffè darà alle segreterie di partito una ragione in più per umiliare la rappresentanza politica.
Sergio Franchi
La scusa del risparmio per limitare la democrazia
Le ragioni di un NO
I populisti di ogni ordine e grado non stanno più nella pelle: cacciare via un po’ di parlamentari scansafatiche e risparmiare quattrini! Due piccioni con una fava.
Un referendum nato da una antica cantonata antiparlamentaristica e antipolitica di chi, ricordiamolo, voleva aprire il parlamento ‘come una scatola di sardine’ (inevitabile l’assonanza con la mussoliniana ‘aula sordida e grigia’).
Anche se fosse plausibile –del tutto o in parte- il luogo comune che i parlamentari italiani siano solo dei costosi nullafacenti, la colpa storica e culturale di questo sarebbe da imputarsi agli stessi elettori che li hanno eletti a suon di voti, e consensoe, secondariamente, alle segreterie dei partiti che li hanno negli anni proposti, selezionando fra i più zelanti e conformisti.
Il problema del nostro sistema politico-parlamentare non è nella quantità ma nella qualità: avere meno parlamentari non significa affatto averne migliori, anzi la cosa comporterebbe una ulteriore tracimazione della politica nella società civile, una minore rappresentatività e una minore relazione con i territori quindi, inevitabilmente, una minore qualità della politica, della classe dirigente. Quanto poi il discorso del risparmio sarebbe un discorso meschino e pretestuoso.
La qualità della democrazia non si scambia con un esiguo e molto relativo risparmio sui costi, non è una questione di mercanteggiamento: il gioco non varrebbe proprio la candela.
I rischi e le controindicazioni invece sono considerevoli: si tratta di limitare, mutilare la Rappresentatività, che adesso è costituzionalmente parametrata sulla quota di un parlamentare ogni 80-90.000 abitanti-elettori, un numero che verrebbe quasi a raddoppiarsi con la vittoria del si: ogni parlamentare perderebbe in maniera consistente il contatto reale con il suo ‘popolo’ e con la pubblica opinione, con il suo territorio generando un parlamento sempre più composto da yesman, asserviti alle logiche partitiche e spartitorie delle segreterie, aumentando la conflittualità e le tensioni fra i gruppi interni ai partiti stessi, producendo così sempre più lobbies, cortigianerie e malcostume.
Insomma penso che andrebbero ripensati i criteri di selezione del ‘personale politico’, i partiti dovrebbero riappropriarsi delle funzioni e agli assetti che sono di un partito che possa dirsi tale…insomma il problema del politicante che deve tornare ad essere un Politico è un problema di cultura, di etica e di antropologia. Inoltre, se vincesse il si -come è molto probabile- intere province in Basilicata, Molise, Sardegna e altre, rimarrebbero ‘scoperte’ riguardo la rappresentanza.
Inoltre la riduzione dei parlamentari implicherebbe altri rimaneggiamenti ed interventi di revisione e di vera e propria riforma delle istituzioni e delle funzioni del parlamento, riformulazione delle commissioni, squilibri nelle composizioni e nei protocolli regolativi dei procedimenti e dei lavori parlamentari ecc, e il rischio di ‘sbrodolare’ nell’incostituzionalità sarebbe costante…
Insomma una primordiale cantonata nel mitico illo tempore del no tav, no dap, no vax , no Gronda…, oggi diventata una bandierina partitica identitaria, che rischia di arrecare danni alla legittimità del parlamento, alle rappresentanze e, alla fin fine, alla democrazia stessa.
Giuseppe Chitarrini