SIMPOSIO
GIUGNO
Con l'arrivo di giugno, il Simposio termina tradizionalmente la sua attività annuale accademica. Quest'anno abbiamo potuto incontrarci solo virtualmente, aiutati da una tecnologia capace di annullare molte distanze. La pandemia ci ha messo alla prova e, nonostante l'impossibilità di aprire le porte, siamo comunque stati insieme, sperimentando nuovi modi per continuare i nostri dialoghi.
La bella stagione ci porterà il conforto del sole e di nuova luce e, nella speranza che il Covid stia finalmente allentando la sua presa, immaginiamo la possibilità di alcuni incontri estemporanei (non ancora programmati). Il mare, la montagna, la gioia del giardino o di un piccolo terrazzo fiorito, ognuno di noi troverà la sua àncora per stare bene e rigenerarsi. Penso già a come potremo ritrovarci dopo l'estate, quando il primo freddo ci richiamerà in casa, dopo la pausa estiva di "ricarica". Richiamerà anche la nostra voglia di stare insieme?
Per chi è già in partenza e per chi rimane, se continueremo a mantenere vivo il dialogo, come abbiamo fatto in questo lungo periodo, il Litorale ne diffonderà la voce e i nostri Quaderni si arricchiranno delle nostre esperienze.
A tutti auguro un buon inizio estate.
Giuliana
FRANCO BATTIATO
e la Cura dell’Anima
di Maria Grazia Vasta
“Ti proteggerò dalle paure e dalle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai […]” (da “La cura”)
A chi ti rivolgi, Maestro? Forse a tutte le anime nobili e pure, non tagliate per la giungla del mondo moderno, con le sue competitività, corruzione e arroganza del potere, che tu odiavi, perpetrate da esseri senza Dio né filosofia? Le tue cure erano per la psiche, intese a sostenere lo spirito elevato dell’essere umano, quello che come te, non morirà mai!
Ultimamente, in realtà, Battiato affermava che la sua canzone preferita era “Le nostre anime” (album Anthology, 2015), intrisa di nostalgia per un amore passato che egli rivede dopo molti anni, con un rinnovato entusiasmo per un incontro di anime che si comprendono ancora, alla ricerca della stessa meta, in un altrove dove non c’è sofferenza: “[…] Verso l’immaginazione le visioni arriveranno, improvvise e impensabili. […] Le nostre anime cercano altri corpi in altri mondi, dove non c’è dolore, ma solamente pace e amore, amore”. L’artista visionario s’interessava a quell’aldilà che infine ha prematuramente raggiunto.
Ma “La cura” (album L’imboscata, 1996, poi nell’omonima compilation del 2000) è il primo titolo che mi è venuto in mente nell’apprendere la triste notizia della sua morte, ancora onorata dall’aver ricevuto da giovane, in un locale del Porto di Riposto, un suo dolce sorriso e un autografo. È forse la canzone più famosa del raffinato cantautore, filosofo, pittore e regista siciliano (Ionia 1945 - Milo 2021), che ci ha lasciato il 18 maggio u.s. all’età di settantasei anni, scritta insieme al filosofo Manlio Sgalambro, uno dei suoi più stretti collaboratori. Considerata da molti una canzone “d’amore”, va di certo intesa anche in senso più ampio. Si tratta di un sentimento universale che si rivolge a chiunque lo possa recepire. Egli affermava che l’ispirazione gli arrivò da una “cellula superiore” («quando si lavora a certi livelli si può avere un aiuto superiore»), per diffondere un afflato di spiritualità rivolto agli animi più sensibili, i suoi veri interlocutori, come si evincerà pure da una videointervista del 2012 in cui parlava dei suoi messaggi, a volte criptici, disseminati in molti suoi brani: «In realtà sono certi consigli che possono essere utili a chi segue il mio lavoro e in qualche modo è interessato all’evoluzione spirituale. E, in questo senso, ci metto tutte le trappole del caso: se una persona non è ancora pronta a ricevere certi messaggi, non li può afferrare, perché c’è qualcuno che te li deve spiegare. La via spirituale è una via molto impegnativa, necessita di esperienza».
Influenzato dal misticismo orientale e dall’esoterismo, e per un periodo dal filosofo armeno Georges Ivanovič Gurdjieff, Battiato incentrava il suo pensiero nella personale ricerca di un “Centro di gravità permanente” (album La voce del padrone, 1981), attraverso la profonda autocoscienza e il lavoro su di sé, per generare uno spirito tanto alto da divenire “Anima immortale” e libera; processo che non tutti sono in grado di avviare. Molte però sono le sue fonti d’ispirazione, dal Cristianesimo al Sufismo, fino a giungere ad una sorta di sincretismo religioso e filosofico che permea la sua eclettica cultura, e che si esprimerà in vari stili musicali, dall’avanguardia sperimentale al pop, dalla canzone new wave alla musica colta e sinfonica. In realtà prediligeva ascoltare la musica classica, che, a sua detta, lo aiutava a concentrarsi, a leggere.
Non si può inquadrare un artista di tale levatura, che ha fuso nella sua produzione poesia, filosofia e politica nelle sue accezioni più alte, come in “Povera Patria” (album Come un cammello in una grondaia, 1991), senza mai risultare banale, lasciando sempre il suo vasto pubblico affascinato e stimolato psicologicamente dalle sue ardite immagini e dalla profondità dei suoi messaggi mistici, esistenziali e poetici, come quelli di “Torneremo ancora” sulla trasmigrazione delle anime (2019, inedito di due anni prima, uscito nell’omonima raccolta di vecchi successi registrati durante le prove dei suoi ultimi concerti con la Royal Philharmonic Concert Orchestra di Londra nel 2017, diretta dal Maestro Carlo Guaitoli): “[…] Finché non saremo liberi torneremo ancora, ancora e ancora. Lo sai che il sogno è realtà, un mondo inviolato ci aspetta da sempre [...]”.
Quello stesso pubblico ora si sente depauperato della sua presenza e arricchito dal suo enorme lascito artistico. Ma egli dopo la morte voleva diventare solo “un suono” (come disse a Vincenzo Mollica) e in qualche modo ci riuscirà.
L’ondata di commozione che ha investito tutta Italia, dalla sua amata Milano alle pendici dell’Etna dove aveva scelto di ritirarsi, fa presagire che la sua Musica riecheggerà ancora nella nostra testa, attraversando le generazioni, per lungo tempo.
SUL PRINCIPIO DELLE COSE
Spazio aperto alle riflessioni di tutti
IL SUONO
di Adriana Cosma
I suoni, primo canale di comunicazione emotiva
Emozione recepita dall’uomo dall’universo e ad esso restituita. Sono il principale mezzo di espressione-comunicazione nella storia umana
I suoni recepiti dai sensi
Un fenomeno colto dai nostri sensi per il tramite di vibrazioni di qualcosa in oscillazione. Apparentemente meno rilevante delle dimensioni spazio tempo è invece considerato estremamente influente nella realizzazione della vita in ogni suo ambito.
I suoni nell’antichità
Tralasciando qui la sua valenza comunicativa sia per l’uomo che per l’animale che aprirebbe l’ambito del suo sviluppo nel linguaggio e delle arti, è importante evidenziare altri aspetti al suo riguardo.
Il suono più antico è quello delle energie cosmiche, tuoni, oceani, vento, terremoti e altri. Immediatamente “animato “ nell’immaginario collettivo sin dall’inizio dei tempi e identificato in entità divine capaci di interagire con la vita umana e descritto nelle prime narrazioni mitologiche di tutte le civiltà. Rappresentato dalle più diverse divinità Orfeo, Apollo, l’Atzeco Xochipilli, l’egiziana Hator dea madre contendeva il suono con il dio Thot la dea giapponese Benzaitem che cavalca un drago e moltissimi altri, tutti personaggi mitologici
Importantissima nella civiltà cinese il ritmo che accompagna l’eterno incontro dello yin e dello yang descritto dai Ching e cristallizzato nel Taoismo nell’infinita armonia della natura universale.
Suoni e movimenti che esprimono ogni sorta di sentimento umano nelle sue infinite sfumature: gioia, dolore, paura.
Molto presto i suoni si organizzarono in composizioni musicali come quello del tamburo e altri strumenti primitivi di ogni sorta che iniziarono ad educare i movimenti del corpo creando la danza.
La guerra, la caccia sono accompagnati da suoni atti ad esaltare il coraggio per intimidire il nemico. Ogni evento viene celebrato nella devozione accompagnato dal suono e dal movimento. Musica e danza sono sempre stati strumenti religiosi di grande rilevanza in tutti i tempi. Un esempio sono i canti e le danze nei culti misterici ed in generale nelle cerimonie di inizio o fine di ogni evento naturale di tipo ciclico.
Il suono non ha avuto esclusivamente valenza di accompagnamento di eventi religiosi, ma ha in molte culture è nello stesso suono il Principio primo di ogni cosa.
Una delle prime civiltà, quella indiana degli Ari indoeuropei fondatori della religione Vedica che introdusse la devozione al dio padre in sostituzione della dea madre terra antecedente. Successero ad essa il Brahamanesimo, l’Induismo ect.. In questi culti si riteneva che all’inizio di tutto esistessero