In corrispondenza del lockdown sono aumentati i casi di abusi, sopratutto domestici
La “Pandemia sommersa” delle donne
243 milioni sono le donne e ragazze tra i 15 e i 49 anni che hanno subito abusi sessuali o fisici da parte di un partner, nei 12 mesi precedenti la pandemia.
Dall’inizio della pandemia e, in particolare, in corrispondenza dei lockdown, sono stati segnalati un aumento dei casi di abuso, con una stima da parte del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) di almeno 15 milioni di casi in più di violenza domestica ogni tre mesi.
Ma i dati sommersi rischiano di essere ancora più spaventosi, tanto che si è ha parlato di “pandemia ombra” per quanto riguarda l’incremento ella violenza di genere. Drammatico, in questo senso, il VII Rapporto Eures sul “Femminicidio in Italia”.
Nel confronto tra i dieci mesi del 2019 e il medesimo periodo del 2020, il numero dei femminicidi familiari con vittime conviventi sale da 49 a 54 (+10,2%), mentre contestualmente scende da 36 a 26 quello delle vittime non conviventi (-27,8%). La violenza di genere è una gravissima violazione dei diritti umani e impedisce a bambine, ragazze e donne di realizzare pienamente sé stesse.
Bisogna credere fermamente nel ruolo delle donne, portatrici di cambiamento, pronte a scuotere e riplasmare il mondo. È fondamentale per ogni donna poter scegliere chi essere, chi amare, cosa diventare.
Secondo Women in Work di PwC, che misura l’emancipazione economica femminile in 33 paesi dell’OCSE, la situazione lavorativa femminile, a seguito della pandemia, tornerà ai livelli del 2017.
Una regressione inaccettabile e pericolosissima, che secondo il report McKinsey difficilmente sarà sanabile prima del 2024.
Le donne rappresentano il 39% dell’occupazione globale, ma il 54% della perdita di posti di lavoro complessiva. In pratica, le donne sono le prime a essere considerate “sacrificabili”, nonché quelle costrette ad auto licenziarsi per far fronte alla gestione dei figli, diventata inconciliabile con le chiusure delle scuole e l’adozione della DAD.
Per quanto riguarda l’Italia, i dati ISTAT parlano chiaro: su 101mila posti di lavoro persi a dicembre 2020, 99mila sono donne. Preoccupante anche in rapporto annuo: le donne lavoratrici sono passate dai 9,842 milioni di dicembre del 2019 ai 9,530 milioni del dicembre dell’anno appena concluso (312mila unità perse). Da tenere presente che la situazione pre-pandemica era già pessima. Tanto per iniziare il tasso occupazionale femminile del nostro paese non raggiungeva già neppure il 50%.
I soldi, non fanno la felicità, dice qualcuno. Verissimo, purché tu ne abbia abbastanza per essere autosufficiente. La dipendenza economica è la gabbia che spesso impedisce alle donne di affrancarsi da un partner violento.
Il drammatico rapporto delle donne con i soldi (il 50% non sa quanto costa un conto corrente e il 14% non ne ha uno, Global Thinking Foundation), lontano dall’essere un cliché frivolo e divertente, è frutto di una società a stampo patriarcale che fino a qualche decennio fa escludeva le donne da diritti patrimoniali, lavoro, proprietà e che ancora ne limita l’accesso.
La libertà di una donna e, più in generale, di ogni persona passa, SEMPRE, dall’indipendenza economica. Parlare di donne e soldi significa, prima di tutto, prendere coscienza dello strettissimo legame, che c’è tra dipendenza economica e violenza di genere. Abbiamo ancora, tanto, tantissimo per cui lottare. I diritti non sono mai del tutto conquistati, per nessuno. Ma quando si parla di donne questa affermazione vale un po’ di più. Mancano diritti mai raggiunti, in nessun Paese del mondo (pensiamo al lavoro, alla rappresentanza nei luoghi che contano e al riconoscimento); e ogni giorno perdiamo o rischiamo di perdere diritti che pensavamo acquisiti.
Quante donne ancora dovranno vivere le loro vite senza poter godere a pieno dei loro diritti?
Di lavoratrici, madri, compagne e, più semplicemente donne.
Quante donne dovranno morire prima che avvenga quel cambio culturale, per cui l’assassinio di una donna sia, esattamente come accade quando a essere ucciso è un uomo, un caso isolato e non la norma?
Quando accadrà che i rappresentanti del mondo della cultura, dello spettacolo, della politica e del giornalismo smetteranno di contribuire a una rappresentazione sessista della realtà, nascondendosi dietro il diritto di parola e/o satira e i concetti della cancel culture e del politically correct, per nascondere la mancanza di una volontà di cambiamento e, peggio, di mantenere un privilegio?
Quando l’opinione pubblica smetterà di fare benaltrismo e prenderà consapevolezza del fatto che femminicidio, mutilazioni, matrimoni precoci, differenza salariale, povertà femminile, gender bias sono la punta dell’iceberg di una società patriarcale che si puntella su microagressioni quotidiane.
C’è bisogno di rinnovare il piano antiviolenza perché non esistano più discriminazioni di genere e perché ogni bambina e ragazza abbia la possibilità di diventare la donna che vuole essere.
Anna Silvia Angelini
Incontro con l’assessore regionale Troncarelli
Fondazione Porfiri
E’ stato un anno molto complicato anche per gli Enti del Terzo Settore.
La Fondazione Porfiri ha continuato a finanziare attività benefiche sul territorio di Nettuno, ma, a detta del presidente Alessandro Bianchi, a fronte di bisogni più pressanti della comunità, le risorse finanziarie non sono sufficienti.
“Abbiamo registrato un notevole incremento di richieste d’aiuto da parte della cittadinanza, a partire dalle domande presentate dalle piccole associazioni, in difficoltà come non mai nel reperire fondi per le loro iniziative, passando per le richieste dei singoli, per finire agli istituti scolastici”.
Così, se l’emergenza sanitaria lascerà il passo ad una crisi economica senza precedenti, la sfida sarà “creare un partenariato tra enti pubblici ed enti privati che miri a prendere i fondi che l’Unione Europea destinerà al sociale e a trasformarli in sostegno concreto al territorio”.
In quest’ottica, il dottor Bianchi ha incontrato l’assessore alle politiche sociali, la dottoressa Alessandra Troncarelli, per rappresentare la situazione di precarietà vissuta dalla comunità del Terzo Settore del nostro litorale, ricevendo la massima disponibilità a progettare interventi a supporto della cittadinanza.
“Ho incontrato una persona di grande sensibilità politica che ha sinceramente a cuore le sorti dei soggetti più fragili e un vivo interesse per le tematiche legate all’inclusione sociale” chiosa il Presidente, che si augura presto di poter lavorare gomito a gomito con l’amministrazione locale per “contribuire ad una rinascita civica della città”.
Ponte pericoloso
Lunedì 8 marzo, la notte successiva e il 9 marzo, fortissimi, incessanti temporali si sono abbattuti sulle due cittadine rivierasche di Anzio e Nettuno, invadendo scantinati, garage ecc, come avviene sempre perché le fogne sono obsolete e non riescono a ricevere le piogge abbondanti che si verificano in primavera ed autunno dopo un periodo di giorni assolati. Proprio a causa di questi nubifragi vi è il rischio del crollo del ponte sul fosso Cavallo Morto per cui sono dovuti intervenire i Vigili del Fuoco che hanno chiuso al traffico Via Malvito Vecchiarelli, la strada che dalla litoranea Ardeatina, all’altezza del Club dei Campeggiatori Romani, porta verso il depuratore e il Galapagos, noto stabilimento balneare. Le piogge, infatti, in poche ore hanno ingrossato il fosso che scarica le sue acque in mare. Il manto stradale ha visibilmente ceduto in più punti e si pensa che il ponte possa crollare da un momento all’altro. Sul posto sono intervenuti anche i Carabinieri e gli impiegati dell’Ufficio Tecnico del Comune di Anzio che hanno monitorato anche un altro ponte a rischio nelle vicinanze. Intanto i residenti hanno chiesto di poter attraversare una strada privata che passa nell’attiguo camping. Si spera che, col cessare delle piogge, la situazione non precipiti e si possa intervenire scongiurando i crolli.
C.R.