Il libro di Damilano sulla sanguinosa stagione degli anni di piombo
Un atomo di verità
Marco Damilano, “Un atomo di verità. Aldo Moro e la fine della politica in Italia”. Ediz. Gedi, Roma 2020, su licenza Feltrinelli, Milano 2019. Pp 265, Euro 10,00.
La tragica vicenda di Aldo Moro ha rappresentato, in maniera emblematicamente drammatica, la sanguinosa stagione dei cosiddetti anni di piombo e della strategia della tensione; al contempo e a suo modo, però, si connota anche per la sua anomalia rispetto quelle che erano le modalità tipiche dell’azione terroristica di quegli anni, da quelle che erano le dinamiche ricorrenti in materia di terrorismo. Infatti, con il rapimento, l’uccisione degli uomini della scorta e i 55 giorni di prigionia, il terrorismo di quegli anniesce dalle modalità bombarole, dal colpo mortale o dalla gambizzazione per porsi invece quasi come soggetto politico-sociale, come interlocutore, chiedendo allo Stato e alle istituzioni di modificare i paradigmi democratici, di derogare dalla legalità e dagli ordinamenti dello stesso stato di diritto. La strage degli agenti di scorta, il rapimento, l’annuncio, le foto, i depistaggi, le contiguità…tengono lo Stato sotto scacco per ben quasi due me. Segnò un passaggio e una linea di confine in tutto quello che era stato il dopoguerra italiano; un prima e un dopo irreversibili, l’inizio di un dramma che ancora non è stato rimosso definitivamente, nonostante, paradossalmente la vicenda sia, oggi, quasi sconosciuta alle nuove generazioni.
“Quaranta anni di storia del rapimento Moro e della sua progressiva trasformazione nel caso Moro. Quattro decenni segnati dalle continue rivelazioni, che, come si dice banalmente ‘riaprono il caso’ e degli aggiustamenti progressivi di chi, invece, vuole chiuderlo per sempre. Un fronte trasversale che può contare sull’interesse comune degli uomini delle BR e degli uomini delle Istituzioni, uniti nel dire che tutto è noto, tutto chiarito e che non c’è più niente da scoprire…Terroristie agenti dei servizi, uomini degli apparati e mediocri assassini. Sono i personaggi del coro di via Fani, le convergenze parallele che per quaranta anni hanno trasformato la strage, il rapimento e l’omicidio Moro in un caso giudiziario e hanno impedito di consegnarlo al giudizio storico e politico”(pp. 48, 49).
Damilano, giornalista de ‘La Repubblica’ e direttore de ‘L’Espresso’, in queste pagine compie un non facile esercizio di memoria, di analisi e ricostruzione storica intorno a quella strage; non indugia nei ricordi, che pure ha vissuto da bambino e in presa diretta, abitando vicino via Fani e “i ricordi degli adulti sono mobili, vanno e vengono, i ricordi di un bambino sono emotivi…restano lì e non si muovono più” (p. 15), Damilano, piuttosto, usa il ricordo personale per ricostruireil clima, ma non in senso lato, impressionistico o nostalgico, ma in senso analitico, collegando i silenzi, le collusioni e la moltitudine di personaggi (‘il coro di via Fani’), mostrandoci, con doloroso stupore, le contraddizioni, gli enigmi, gli interrogativi e le ambiguità che coinvolsero uomini e fatti. Il libro si presta così a diversi piani di lettura, quello politico, quello culturale, quello storico, quello investigativo e giudiziario e Damilano riesce a tenere insieme, in maniera armonica e costruttiva, queste diverse possibilità di lettura.
Una “notte della Repubblica”, come la definiva S. Zavoli, che ebbe inizio quel dicembre del 1969 a Milano, dalla quale, dopo una lunga scia di sangue, dalla quale, probabilmente ancora non ne siamo usciti definitivamente; di questo lungo percorso notturno il peggior momento (senza togliere nulla ai tanti drammatici altri), è stato quello del biennio 78-80: ‘l’affaire Moro’ –come ebbe a definirlo Sciascia- e la moltitudine di morti di Bologna, una stagione di stragi fino al 1992. Un fitta trama di intrighi, di morti ‘collaterali’ anche a posteriori, strane coincidenze, enigmatici intrecci, inquietanti sincronie e compresenze incorniciano la vicenda Moro: tante, troppe anche per il più ossessivo dei dietrologi (cfr. in particolare da p. 254 a 265), per meno di due minuti di fuoco incrociato, uccidere 5 persone e rapirne un’altra, con una precisione e una determinazione agghiaccianti, “nel grande affollamento di personaggi in quei minuti a via Fani…Agenti, funzionari dei servizi…quello che ha fatto dire a un parlamentare… di quell’epoca: Gero Grassi, sfidando il surreale, che in via Fani quel 16 marzo c’erano anche le brigate rosse” (p. 45).
L’uccisione di Moro segna anche l’inizio della fine della Democrazia Cristiana, successivamente, qualche anno dopo, con la scomparsa improvvisa di un’altra grande iconadella Politica (con la P maiuscola): E. Berlinguer, inizia l’irreversibile declino di un sistema politico-sociale, di un’epoca, di una Repubblica e di un assetto istituzionale, politico e culturale: ‘una lunga caduta’ come scrisse ancora Sciascia (cfr. da p. 223 a 230). Una fine che ha lasciato un vuoto, riempito qua e là e di volta in volta con pannicelli caldi, da filiere di naviganti a vista, da lobby, quando non da voraci e predatori ‘gruppi di pressione’ privi di uno sguardo oltre, di un progetto di un disegno. E Damilano, fra storia e memoria, ricostruisce il profilo dell’uomo e del politico ucciso -insieme a cinque difensori dell’ordine e della Repubblica- contestualizzandolo nello scenario storico, insieme a quei personaggi che più lo hanno segnato erappresentato (Sciascia, Pasolini, Berlinguer, Montanelli, Craxi e poi parlamentari e capicorrente, giornalisti e faccendieri ecc.); non un affresco nostalgico, ma un pro memoria lucido, una lettura irrinunciabile a pochi giorni dal quarantatreesimo del rapimento e della successiva, drammatica, uccisione.
Giuseppe Chtarrini
Un grande bambino pieno di umanità e con un cuore immenso
La passione di Samuel
Sono ad Anzio e sono in compagnia di Samuel. Andiamo a conoscerlo insieme.
- Ciao Samuel, ti và di raccontarci qualcosa di te?
“Ciao a tutti, sono Samuel, ho sette anni e sono nato il 17 settembre del 2013.
Mi piacciono il basket, la break dance e il ciclismo. Oggi mi piace il rugby e ci vado in compagnia dei miei migliori amici che saluto: David, Ugo e Claudio. Mi piace il rugby anche se è uno sport che ti fa stancare, ma ci sono volte che anche se sono stanco vorrei continuare a farlo e non tornare a casa. Poi mi piace andare a San Cesareo a trovare il mio amico Valerio perché con lui mi diverto tanto a fare tante cose e poi mi piacerebbe tanto andare in Messico, mi piace tanto la scienza e mi piacciono tanto i pianeti,
Da grande vorrei fare il costruttore, il pittore, lo scienziato e l’astronauta”.
- Un uccellino mi ha detto che tu non vivi solo, ma con mamma ospitate tanti gatti che vengono a stare da voi prima di essere adottati. Mi dici come si chiamano e cosa fai tu con loro?
“Allora i gatti si chiamano: Nutella, Margherita, poi abbiamo mamma Sole che ha partorito quattro gattini: Argentina che è femmina, Guantino, Latte e Cioccolato. Abbiamo anche in casa Gatto Snow e gatto Charles (che noi chiamiamo Supplì) e ci sono anche Zin e Zen (due sorelle pelose) che non vivono con noi, ma ci vengono a trovare.
Su Charles vorrei anche dire che mi sono accorto che aveva una striscia rossa, e grazie a questa mia scoperta ci siamo accorti che aveva il raffreddore.
Mamma mi sveglia la mattina presto e incontro Margherita che saluto, poi vado in bagno a trovare Charles che sta in bagno con la codina fasciata perché si è fatto male e con mamma gli diamo le medicine, per ultimi vado a salutate mamma Sole e i suoi cuccioli. Con i figli di mamma Sole mi diverto tantissimo, ci gioco, gli leggo le favole e ridiamo insieme. L’ultimo libro che ho letto loro è stato: Le sei storie dell’emozione che è il titolo del libro e poi le favole Una fifa blue, rosso di vergogna, giallo di gelosia, verde di invidia, arancione di gioia e grigio di tristezza. La favola arancione di gioia l’ho raccontata a Charles per fargli passare la paura dato che ha avuto un incidente alla coda e ora è tutta fasciata”.
- Ricordi il primo gatto che è arrivato a casa?
“Sì, era gattino Blue che sta sulla luna, poi è arrivato Snow, poi Nutalla e poi Figaro che si era nascosto sotto il motore della macchina di mamma, Una volta ero sul pullman che da scuola mi riportava a casa, e dal finestrino mi era sembrato di riconoscere i genitori di Figaro perché secondo me lo stavano cercando ma poi non li abbiamo trovati, ricordo anche che insieme ai genitori di Figaro c’erano Minnie e Speedy, che ho preso e li ho portati dai nonni perché a casa avevo Nala che era malata e Tigro e Mia che allattavo con il biberon perché la mamma non c’era più”.
- E di Nala e Topolino ci dici qualcosa?
“Nala era malata, aveva paura del buio e io ho detto a mamma che per non farle avere paura doveva metterla vicino le luci dell’albero di Natale, così non si sentiva sola e non aveva paura. Topolino invece è un gatto che doveva arrivare a Milano e ricordo che con Mamma lo ho accompagnato fino alla Stazione Termini e su l trasportino c’era scritto Topolino a bordo. In questo modo i suoi genitori adottivi lo avrebbero riconosciuto”.
- Ma tu ci parli con i gatti?
“Ci parlo ma non solo con loro. Ho visto il Dottor Dolittle in televisione. Lui è un medico che parla con tutti gli animale e anche io parlo con tutti gli animali”.
- C’è un messaggio che vuoi mandare ai tuoi amichetti?
“Ogni tanto arrivano a casa dei gatti malati e io accompagno mamma in clinica. Non è bello vederli soffrire, Io spero che tutti i miei amichetti possano avere un animale in casa come me perché si diventa più buoni e non mi piace che tirano i calci o fanno loro del male, perché sono bambini indifesi come noi. E poi voglio salutare i miei amici del cuore: David Ugo e Claudio e dirgli che gli voglio bene Vorrei che prendete i gatti per strada, nella mia colonia ma non comprateli”.
Grazie mille Samuel.
Un “Grande” bambino con un Cuore immenso che ci ha dato una bella lezione di empatia, e Umanità.
Barbara Balestrieri