Il giuramento di fine corso per 137 vice ispettori tecnici della Polizia di Stato a Nettuno
Fedeltà alla Repubblica
Hanno giurato fedeltà alla Repubblica italiana i 137 nuovi vice ispettori tecnici della Polizia di Stato che hanno terminato il 6° corso di formazione tecnico professionale presso l’Istituto per ispettori di Nettuno (Roma).
La cerimonia si è svolta questa mattina all’interno della scuola di Polizia, alla presenza del vicecapo della Polizia con funzioni vicarie Vittorio Rizzi, accompagnato dal direttore dell’Ispettorato per le Scuole della Polizia di Stato, Tiziana Terribile, e dei familiari e amici degli allievi.
I giovani poliziotti, 122 uomini e 15 donne, hanno concluso il loro percorso formativo nel settore tecnico telematic con il Giuramento solenne, prestato davanti alla Bandiera gridando “lo giuro” dopo la lettura della formula di rito da parte del direttore dell’Istituto, Vincenzo Avallone.
Il vicecapo Rizzi, nel suo intervento, ha ricordato l’importanza dell’atto di giuramento, che segna il passaggio dalla vita civile a quella da poliziotti, ai quali è affidata la delicata missione di amministrare la Pubblica sicurezza. La sicurezza, ha evidenziato il prefetto Rizzi, è prerogativa essenziale per l’esercizio di ogni libertà e come tale è compito della Polizia di Stato garantirla e custodirla.
Il Vicecapo vicario ha, inoltre, sottolineato la funzione centrale che oggi hanno i ruoli tecnico scientifici nell’attività di polizia, in particolare nelle indagini penali. Grazie alla professionalità degli appartenenti a questi ruoli, molte attività di accertamento tecnico-scientifico vengo svolte in modo diretto, senza delegarle all’esterno. Un lavoro gravoso, impegnativo e di grande responsabilità, ha infine concluso il prefetto Rizzi, da svolgere con disciplina e onore, nel rispetto della Costituzione.
Al termine della cerimonia sono stati premiati gli allievi che si sono distinti nelle graduatorie delle discipline tecniche operative, difesa personale e tiro.
Polizia di Stato
Si critica chi commemora i morti e non si cerca chi li ha uccisi
Una strage dimenticata
“Verso le 18:20 del 7 gennaio 1978 cinque giovani militanti missini che si apprestavano a uscire dalla sede del Movimento Sociale Italiano in via Acca Larentia per pubblicizzare con un volantinaggio un concerto del gruppo di musica alternativa di destraAmici del Vento, furono investiti dai colpi di diverse armi automatiche sparati da un gruppo di fuoco formato da cinque o sei persone. Uno dei militanti, Franco Bigonzetti, ventenne iscritto al primo anno della facoltà di medicina e chirurgia, rimase ucciso sul colpo. Il meccanico Vincenzo Segneri, ferito a un braccio, rientrò nella sede del partito e, assieme agli altri due militanti rimasti illesi Maurizio Lupini, responsabile dei comitati di quartiere, e lo studente Giuseppe D’Audino riuscì a chiudere dietro di sé la porta blindata, sfuggendo in questo modo all’agguato. Lo studente diciottenne Francesco Ciavatta, pur ferito, tentò di fuggire lungo la scalinata situata a lato dell’ingresso della sezione ma, inseguito dagli aggressori, fu colpito nuovamente alla schiena; morì in ambulanza durante il trasporto in ospedale. Alcuni mesi dopo, il padre di Francesco Ciavatta, portiere di uno stabile in via Deruta 19, si uccise per la disperazione bevendo una bottiglia di acido muriatico”. Stralcio dalla cronaca del tempo.
Un altro militante missino, Stefano Recchioni, che partecipò alle dimostrazioni che seguirono la strage, in prossimità della sezione del MSI, fu ucciso durante gli scontri con le forze dell’ordine. Abitavo poco distante da via Acca Larentia ed avevo frequentato le elementari e le medie nelle due scuole G. Caliero e A. Tibullo che si trovano a poche decine di metri dal luogo della strage. Ricordo nettamente il fattaccio che, nel clima arroventato di quegli anni, non ebbe una forte risonanza sui giornali romani, almeno non ebbe la risonanza che meritava un agguato così vile al quale non seguì nemmeno una rivendicazione che ne definisse i contorni “politici”: tre ragazzi trucidati senza nemmeno una ragione di quelle sanguinariamente ideologiche che erano di moda in quegli anni. Erano i tempi di quella rivoluzione strisciante che stava martoriando il nostro Paese durante la quale era invalso il detto “chi uccide un missino non commette un reato”.
Le indagini non portarono a nessuna condanna e quindi a nessun colpevole. Alcuni giorni orsono ho letto di sfuggita un titolo online“La DIGOS indaga su Acca Larentia”. “Meglio tardi che mai”, mi sono detto, sperando che i vili assassini dei “Nuclei Armati per il contropotere territoriale”, che hanno ucciso esseri indifesi, potessero rendere conto del loro crimine. Mi sono subito ricreduto, e con sorpresa, nel leggere che le indagini non erano per trovare gli assassini ma su coloro che commemoravano il ricordo dei giovani assassinati. Si, perché c’è chi vuole ricordare un fatto gravissimo degli anni di piombo che viene relegato tra gli avvenimenti di serie B, del tipo di quelli da ricordare solo da una parte politica. Come orami avviene da decenni un gruppo di militanti di estrema destra si raduna il 7 gennaio di fronte alle sede del MSI di via Acca Larentia, per ripetere il rito del “presente” e cioè del ricordo e lo fanno alzando la mano destra, col segno del saluto romano. E’ triste, un po’ patetico e certamente ridicolo, vedere decine di giovani usare un gesto legato al deprecato regime per commemorare dei ragazzi trucidati mezzo secolo fa da estremisti comunisti.
Non è patetico però rivendicare il diritto a vedere puniti i vigliacchi che li hanno trucidati. Ma l’aspetto più ridicolo è la gazzarra che un’opposizione politica sterile ha sollevato quest’anno, in cui al governo del Paese è una coalizione di centro destra. L’invito ridicolo a dibatterne in Parlamento, la richiesta alla Presidente del Consiglio a prendere, per la centesima volta, le distanze da una realtà che era estinta da oltre trenta anni quando è venuta al mondo e che la stessa non ha mai condiviso nei termini apologetici. Un’opposizione incapace di proporre, di porre in campo iniziative positive ed originali e che attacca un generale che scrive un libro, condiviso dalla maggioranza degli Italiani, inveisce contro un Ministro che si preoccupa per la deriva pericolosa di una magistratura che interviene spudoratamente nell’ambito che la Costituzione riserva ai partiti ed alla politica. Un’opposizione che in modo sgangherato non sa più che pesci pigliare e chiede la testa di un deputato di destra perché l’ultimo dell’anno nel mostrare la sua mini pistola agli ospiti di un cenone gli è partito il colpo; mostrava quella pistola, una LR22, perché minuscola ed entra in un taschino di una giacca. Un gesto stupido, deprecabile di cui il signor Pozzolo risponderà alla magistratura ma che c’entra con la politica? Che politica è quella di un’opposizione che porta il caso in Parlamento dopo che il deputato è stato anche sospeso da partito? E’ la vecchia politica dell’anti che ora non ha più un Berlusconi come causa di tutti i mali ma una solida coalizione politica che governa. Un’opposizione politica incapace di consolidare proposte credibili e positive perché incapace innanzi tutto dell’atteggiamento intellettualmente onesto che non può che essere quello di riconoscere gli aspetti positivi di chi è chiamato a governare. “Acca Larentia: Cinque identificati” è il titolo di Roma Today.
Ancora, non si tratta degli assassini che sono stati individuati, ma di quelli che commemoravano gli assassinati. Che senso ha identificare persone che non fuggono e che non si nascondono? Che senso ha continuare a denunciare persone che fanno il saluto “romano” che, come tale, i giudici continuano a considerare come un gesto che non identifica un elemento concreto di “pericolo fascista”? Il gesto di salutare in un modo anacronistico ed anti-storico appartiene a persone anacronistiche ed anti-storiche che non verrebbero nemmeno notate se quell’opposizione inefficace non ne rilevasse la presenza: sono 45 anni che si commemora la strage di Acca Larentia con scarso rilievo mediatico; quest’anno il megafono Schlein and Company, ha riportato l’evento alla ribalta denunciando un reato che, ricordiamolo, non è quello commesso da un gruppo di “comunisti”, che hanno massacrato dei ragazzi inermi, ma quello di coloro che ne commemoravano il ricordo utilizzando modalità discutibili solo sul piano etico. Lunga vita a Giorgia Meloni: con l’opposizione inconcludente di Elly Schlein e quella inesistente di Giuseppe Conte raggiungerà i limiti della pensione al governo del Paese.
Sergio Franchi