IL SIMPOSIO
LA MELANCONIA DI SETTEMBRE
L’estate sta volgendo al termine e nonostante il gran caldo e le limitazioni subite causa Covid quell’accorciarsi del giorno e quell’aria frizzante che preannuncia l’autunno ci arrecano un po’ di melanconia. Ci eravamo così abituati all’aria aperta, agli abiti leggeri, all’allegria della gente che riempiva le strade e le spiagge… Fra breve quell’aria festosa finirà, ci chiuderemo nuovamente in casa o torneremo al lavoro.
Dovremo riadattarci a un nuovo ritmo, dinamico o tranquillo che la stagione e la società c’impongono. Ma la capacità di adattamento di ogni essere vivente non solo è una legge di natura, ma per noi umani è potenzialmente una spinta per superare ogni ostacolo e risolvere creativamente i problemi più difficili. Dipende solo da noi…
Giuliana
DOPO LA TEMPESTA
di Sergio Bedeschi
Passata la tempesta, ci riprenderemo alla grande, ne sono certo. E se non sarà passata del tutto, pazienza, ci adatteremo in un modo o nell’altro. Voglio dire che, comunque, tornerà la “voglia di Simposio”. E questa lunga e forzata sosta, vedrete, rinnoverà interessi ed entusiasmi. Ci sono alcuni appuntamenti a suo tempo cancellati e ce ne saranno di nuovi, magari maturati in questo periodo durante il quale, se è vero che sono diminuite le frequentazioni reciproche, forse in compenso si sono addensati studi, riflessioni, letture, riletture, scritture, tutto ciò che solitamente fa fecondare il desiderio di parlarne poi assieme, di proporsi, appunto, per un qualche Simposio.
L’ILIADE, CHE BELLEZZA!
Chi scrive ha già in caldo qualcosa, qualcuno lo ricorderà: nientepopodimeno che la lettura (recitazione) di alcuni passi dell’Iliade! E ciò perché, riprendendo Omero, ancora non cesso di stupirmi che il primo vagito dell’umanità su ogni forma di scrittura o comunicazione tra le genti non siano stati il racconto, il romanzo, il “reportage” sulla Storia o altre forme più naturalmente vicino alla prosa, ma la Poesia. Poesia allo stato puro, con tanto di metrica, di musica, di canto.
ANCORA TRA LE STELLE
Intanto però matura in me anche la voglia di riportarvi tra le stelle. L’ho fatto già in passato con qualche lezione, invero un po’ accademica, sulla geometria del cielo, l’ho affrontato ancora successivamente mettendo in gioco i sistemi computerizzati e proiettando sullo schermo le mappe dei cieli notturni, con prodigiose possibilità di visualizzazione dovute ai nuovi mezzi digitali. Bastavano per esempio pochi istanti per visualizzare che la notte in cui nacque Gesù la stella Polare stava da tutt’altra parte rispetto a oggi, cioè su Tubhan, terza stella sulla coda dell’Orsa Maggiore. Oppure per vedere come le Costellazioni dello Zodiaco tendano a slittare cambiando, ogni duemila anni, la Costellazione di vostra competenza: insomma, tanto per fare un esempio, chi era della costellazione del Cancro quando nacque Gesù, oggi è diventato della costellazione dei Gemelli. Più recentemente ho addirittura proiettato per 360 gradi sui muri del salotto che ci ospita la sfera celeste, raccontando tutte le leggende e le mitologie da cui tutto ebbe a cominciare. Quello che però non sono mai riuscito a combinare è una serata sulla bella terrazza che “abbiamo” e che ci farebbe godere buona parte dello spettacolo notturno. Questa volta visto dal vero. Spettacolo ovviamente invernale, poiché il buio che ci occorre nelle ore del pomeriggio sarà utilizzabile tra le 18 e le 19 soltanto nei mesi più freddi.
TUTTI IN TERRAZZA!
Ed ecco come ci organizzeremo: svolgeremo una piccola parte al chiuso, familiarizzando un po’ con la geometria del cielo e per meglio prepararsi e orientarsi quando poi saremo all’aperto. In terrazza bisognerà coprirsi (perché caldo non sarà) e girare la testa all’insù (quindi fate nei giorni precedenti un po’ di ginnastica, almeno per i muscoli del collo). Al resto penserò io. Vi aiuterò a navigare tra le stelle, ad orientarvi passando da una costellazione all’altra, a cercare ciò che vi sta a cuore per qualche ragione scientifica o sentimentale, a spiare nei lontani recessi dell’Infinito laddove ci è possibile intuire la presenza di qualche Nebulosa o qualche Galassia. Ne mancherò di parlarvi di Ipparco di Nicea che, 200 anni prima di Cristo, inventò questi affascinati nomi con cui ancora chiamiamo gli astri del Cielo. La data sarà quasi obbligata poiché dobbiamo essere senza Luna e col buio della prima notte (prevedo subito dopo la Befana). Ovvio che il cielo dovrà essere sereno. Se non lo fosse, mai paura: resteremo nel nostro covo e studieremo Astronomia come a scuola. Me ne assumo ogni responsabilità. D'altronde è già successo.
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Hanno scoperto l’acqua calda
di Giancarlo Marchesini
Lezioni di acqua calda
Con gran strepito e rullar di tamburi certa stampa nazionale ha annunciato che parlare di “paesi frugali” per Olanda, Danimarca, Svezia e Austria è sbagliato. E alcuni nostri politici ne hanno approfittato per dire la loro. Tutto è cominciato con un articolo (benvenuto) di Michele Cortelazzo (accademico ordinario della Crusca) il quale fa giustamente notare che in italiano la parola frugale ha una connotazione diversa dall’inglese. Un pasto frugale è un pasto per persone poco abbienti e non per persone “parsimoniose o rigorose” (questo è il vero significato di frugal in inglese). Insomma pane e cipolle contro l’ossessione per il bilancio dello Stato.
Amici veri - falsi amici
È tutto vero, Cortelazzo ha ragione. Ciò che mi lascia perplesso è il modo in cui la stampa (e i politicanti) hanno voluto strumentalizzare le sue affermazioni.
Giustamente Cortelazzo chiama in causa la nozione di “falsi amici”: si tratta di parole affini dal punto di vista grafico o acustico che però hanno un significato diverso nelle varie lingue. Fra i tanti esempi: eventual significa in inglese finale, definitivo e non eventuale. In alcuni casi la differenza è più sfumata: l’inglese apparent significa anche apparente ma viene usato soprattutto per indicare qualcosa di evidente (che salta agli occhi). Il 60% del lessico inglese è di derivazione latina ma spesso il significato delle parole rispecchia un diverso modo di percepire la lingua dei grandi classici. Ad esempio quid pro quo viene reso in “italiano” (si fa per dire, è latino) con do ut des. I francesi che tengono molto più di noi all’integrità della loro lingua dicono invece donnant-donnant.
Un esame di coscienza che non guasta
A questi autoproclamatisi difensori della “frugalità” (penso ai giornalisti e ai politici non a Cortelazzo) vorrei chiedere:
Ragazzi, vi rendete conto che viviamo in un mondo di falsi amici, e che voi siete i primi ad usarli? Quando strombazzate il termine “politicamente corretto” non vi rendete conto di abusare della nostra lingua? Per i parlanti inglese il temine “politically” è apparentato con l’idea della polis greca come espressione di civiltà, convivenza e riconoscimento dei diritti delle minoranze. Per noi la politica resta un gioco di caste, di logge e di sfruttamento delle simpatie dei votanti per fini propri. Gli esempi di falsi amici si moltiplicano visti i sempre più stretti legami internazionali e il fatto che gran parte dei neologismi ci viene dall’inglese e che non siamo capaci di tradurli (o forse non li traduciamo per vigliaccheria come dimostra l’espressione “danni collaterali” che è un terribile e ipocrita eufemismo per “strage di civili”).
Un vero senso della lingua
Quando si diffuse l’espressione “fuoco amico”, per indicare le vittime di colpi che provenivano da soldati dello stesso schieramento, Umberto Eco scrisse una memorabile ed epica Bustina di minerva in cui diceva. «Macché fuoco amico, questo è fuoco stronzo». Eco era uno studioso di fama e tempra internazionale capace di puntualizzare l’uso improprio dell’italiano e si è spento nel febbraio del 2016. Ci restano, ora, soltanto gli scopritori dell’acqua calda.
Acqua calda o acqua tiepida?
E perché parlo di scoperte che lasciano il tempo che trovano? Perché è erroneo valutare una traduzione soltanto sulla base di schemi linguistici. La nozione di falsi amici è uno strumento della critica traduttologica e non della linguistica come vorrebbero far credere i tanti ricercatori che, in cerca di nuove frontiere di studio, si sono voluti impadronire della traduzione come se si trattasse di un capitolo della loro materia.Con una vena piacevolmente ironica Cortelazzo si chiede se i quattro paesi in questione abbiano veramente una tradizione alimentare così terribilmente sobria e contenuta e cita la presa di posizione più matura di Michele Serra (“I quattro taccagni”) che ripropone l’antinomia fra formiche operose e cicale scialatrici.
Ma, a onor del vero c’è un fondamento alla “frugalità” degli olandesi. Andatevi a vedere il dipinto di Van Gogh I mangiatori di patate e vi troverete di fronte a una famiglia di contadini, esausti per il lavoro nei campi, che si nutrono di genuini, sani ed economici prodotti della terra!!
Van Googh, mangiatori di patate (De Aardappeleters), 1885, Museo Van Gogh di Amsterdam.
«Un contadino è più vero coi suoi abiti di fustagno tra i campi, che quando va a Messa la domenica con una sorta di abito da società. Analogamente ritengo sia errato dare a un quadro di contadini una sorta di superficie liscia e convenzionale. Se un quadro di contadini sa di pancetta, fumo, vapori che si levano dalle patate bollenti – va bene, non è malsano […]»
Da una lettera di Vincent van Gogh, indirizzata al fratello Théo
Sul concetto
di LIBERTÀ /3
di Lia Bronzi
A seguito della Rivoluzione francese e del sovvertimento generale in Europa, un’altra esigenza di libertà cominciò a farsi strada sulla scia delle armate napoleoniche: quella della libertà nazionale dei popoli oppressi che reclamavano la propria indipendenza; essi erano la Germania, l’Italia, il Belgio, la Polonia, l’Ungheria e le altre popolazioni slave, la Grecia e altri popoli sottostanti alla dominazione turca.
Negli ultimi due secoli, le idee di libertà si sono fatte inesorabilmente strada, anche se purtroppo permangono in vaste zone del mondo situazioni di libertà conculcata, di democrazia repressa o di sovranità limitata. Tutte situazioni in palese violazione, tra l’altro, della Carta delle Nazioni Unite e in particolare della “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” del 1948, che i diritti di libertà individuale e collettiva pone a base della comunità internazionale.