Alla Laos di Aprilia l’ennesimo incendio di rifiuti che ci ha intossicato per due giorni
Diossina a gogo
Ci risiamo, è un altro di quegli eventi preannunciati, nel solito silenzio assordante, ad enti ed istituzioni, dai soliti ecologisti rompiscatole. Un altro gravissimo episodio che riporta ancora una volta all’attenzione della gente il problema di impianti autorizzati in modo sbagliato, spesso privi dei necessari controlli ed ubicati in luoghi del tutto inadatti. Un altro dei gravi fatti di cronaca della serie “come si fanno i soldi con i rifiuti”, un film proiettato in tutte le sale del nostro Paese incluso il Comune di Anzio. Nei giorni che hanno preceduto Ferragosto è stato vero allarme totale sul litorale romano. A pochi giorni dal rogo del deposito di rifiuti della ditta Loas di Aprilia che si occupava di recupero e smaltimento di rifiuti, come la EcoX di Pomezia e come le centinaia di impianti del genere che vanno a fuoco ogni anno, la gente di Anzio e di una buona parte del litorale laziale continua a chiudersi in casa, col solleone che la fa da padrone, per cercare di non respirare un’aria fortemente inquinata dalla combustione di sostanze sintetiche. I dati divulgati dall’ARPA sono molto preoccupanti, il grado di inquinamento è molto più alto di quello causato dalla Eco X e la forte presenza di diossina fa tremare la gente. I primi dati divulgati mettono paura: un valore di diossine di 303 pg/mc, un tasso quattro volte superiore rispetto a quello del rogo EcoX avvenuto a Pomezia nel 2017 quando il valore era di 77,5 pg/mc. Riscontrati anche valori altissimi di Benzoapirene, 216 volte superiore rispetto al limite annuale previsto dalla normativa, che è pari a 1 ng/m3. I valori del PCB sono pari a 2361 pg/m3, sei volte superiori a quelli riscontrati nell’incendio EcoX, pari a 394 pg/m3. I dati si susseguono ed i titoli dei giornali locali segnano l’evoluzione della nube che resta sulla zona del litorale. É ormai un clichè collaudato: un gran rumore, indagini, magistratura, qualcuno rinviato a giudizio e magari dopo un pò di anni qualche condanna non scontata e un risarcimento imposto ad una ditta fallita e piena di debiti. I “social” di Anzio sono impazziti, sui Gruppi di Informazione di Uniti Per l’Ambiente, che segue con attenzione lo sviluppo degli avvenimenti, si propone di tutto, dalla class action contro il comune, alla denuncia del Sindaco De Angelis, ad una dimostrazione davanti al palazzo comunale. Manifesta irrazionalità che deriva dal senso di rabbia per essere costretti a correre rischi gravi per l’incuria o per i reati commessi spesso solo per guadagno e speculazione. Pensare che un nostro bambino o un malato debba respirare veleno per permettere a qualcuno di fare soldi viene voglia di diventare violenti. La gente spesso non conosce le procedure e le responsabilità ma il sindaco di Anzio non può essere responsabile di un incendio, magari doloso, avvenuto in un deposito di una ditta privata posto in un’altra provincia. Eppure il Sindaco di è fatto sentire “C’è diossina nell’aria con possibili conseguenze sulla salute pubblica siamo pronti a costituirci parte civile nel procedimento penale”. Quindi c’è poco che il sindaco di Anzio possa fare se non porsi a difesa degli abitanti controllando che gli uffici responsabili direttamente intervengano. Finchè il ferro è caldo, però, vorrei rivolgermi a tutti quei cittadini che ho visto inveire contro il mondo per il cattivo odore che ha rovinato i loro caldi giorni d’estate e che lanciano iniziative impraticabili ed anatemi magari anche contro chi non è responsabile di quello che accade. Queste cose non avvengono dal nulla, queste cose sono il risultato di errori e mancati controlli, queste tragedie ambientali avvengono perchè c’è chi deve vedere e non vede, c’è chi deve controllare e non controlla e ci sono i cittadini, unici a pagare il conto, che lasciano che tutto avvenga senza gridare forte mentre gli errori si sommano e quando i presupporti della tragedia si accumulano. Torniamo in casa nostra, ad Anzio dove era stato programmata, qualcuno dice perchè “chiamata” la realizzazione di tre impianti “speciali “ di trattamento rifiuti; due di smaltimento anaerobico per la produzione di biogas ed uno per il deposito di rifiuti normali e pericolosi e loro smaltimento, proprio uguale a quello appena andato a fuoco ad Aprilia. Tutti e tre gli impianti erano stati programmati in un fazzoletto di terra in zona Padiglioni-Sacida. Un gruppo di cittadini di Anzio si sono organizzati e senza le chiassate e gli inutili cortei con striscioni hanno cercato di far valere i diritti alla salute della gente. Tantissimi cittadini sono rimasti a guardare del tipo di quelli che saranno pronti a gridare vendetta quando la disgrazia li toccherà da vicino. Purtroppo è difficile che la lezione venga imparata in un Paese in cui la difesa dei diritti civili si ferma spesso al muro del nostro cortile. Due dei tre impianti, il deposito e una biogas, sono stati fermati; il terzo, che non è stato fermato, in quanto approvato prima che i cittadini si mettessero in azione, è stato realizzato, al di fuori dei limiti di sicurezza. I cittadini continuano a cercare di far valere i loro diritti alla sicurezza ed anche il Sindaco di Anzio ha invitato la Regione Lazio a ritirare l’autorizzazione concessa. Forse la verità sull’iter approvativo verrà fuori quando un Magistrato sarà costretto ad intervenire per un incendio che, considerando la quantità di gas esplodente presente nell’impianto e la sua ubicazione, sarebbe devastante. Allora tutti si sveglieranno e scaricheranno la propria rabbia ed il proprio senso di colpa sul “social”. Troppo tardi.
Sergio Franchi
Uniti per l’Ambiente chiede l’ispezione alla Biogas
Incendi annunciati
In questo Paese c’è la terribile abitudine di sottovalutare i problemi ed i rischi quando questi possono essere risolti o ridotti e cioè prima che accadano i drammi. Si ripetono con una cadenza impressionante gli incendi di impianti di trattamento dei rifiuti; ne avvengono a centinaia ogni anno ed i tutta Italia e poi si aprono le inchieste, si indaga sulle responsabilità e di fa piu fumo di quello causato dall’incendio; un fumo ancora piu dannoso di quello causato dal fuoco, perchè brucia i diritti delle persone ed alimenta la mancanza di fiducia dei cittadini verso le istituzioni. Eppure quando si va ad indagare a ritroso si trovano le inadempienze, i mancati controlli e le chiusure di un occhio o anche di tutti e due da parte del solito politico compiacente.
Ma prima, no; quando i cittadini segnalavano il rischio o l’anomalia, quando facevano dimostrazioni davanti all’impianto, quando scrivevano raccomandate al Comune, alla Provincia, alla Regione le risposte, quando venivano date, erano evasive ed attribuivano la competenza ad altri. Nessuno interveniva a controllare, a verificare.
Un minuscolo esempio: nella zona di via della Spadellata, ad Anzio, che diventa in Nettuno via Taglio delle 5 Miglia, c’è un deposito di rifiuti lasciato abbandonato dalla ditta Eco-imballaggi, dopo la sua ristrutturazione aziendale.
Sono ben visibili mucchi di rifiuti fatti di materiale legnoso ed altro. Un incendio, innescabile con estrema facilità, potrebbe causare danni gravi a persone e cose.
Più volte il Comune di Anzio è stato informato ed invitato ad intervenire, interventi sono stati annunciati ma, ad anni di distanza, un pericoloso deposito incontrollato e potenziale incendio, resta al suo posto a dimostrare l’inefficienza di chi dovrebbe intervenire e non lo fa.
Dopo l’ennesimo rogo di Aprilia, che ha avuto un impatto sull’ambiente stimato cinque volte rispetto a quello della EcoX di Pomezia, le istituzioni locali che amministrano la zona, dovrebbero intervenire in modo radicale con un controllo a tappeto di tutte le entità industriali produttive e non, per verificare le loro condizioni ai fini della prevenzione ed il controllo. Uniti Per l’Ambiente ha richiesto al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di effettuare un’ispezione alla biogs di via della spadellata. La lettera che alleghiamo è la risposta di tale Comando che anticipa l’ispezione.
Sergio Franchi
La risposta dell’ARPA
Questa mattina ho ricevuto risposta dall’ARPA Lazio in merito alla richiesta fatta il 12 agosto scorso. Pubblico per trasparenza la richiesta e la relativa risposta. Come è possibile leggere, purtroppo, l’ARPA non ha effettuato e non effettuerà probabilmente i campionamenti e il monitoraggio al di fuori del comune di Aprilia. Gli unici dati a disposizione sono quelli relativi ai modelli di dispersione degli inquinanti, i quali, come riportato dall’autorità stessa, presentano in questo caso dei “limiti di significatività”.
La mappa, sempre secondo l’ARPA, è stata realizzata al fine di “fornire elementi a supporto delle attività di approfondimento degli effetti dell’incendio da parte dei vari enti”.
Sono state effettuate queste attività di approfondimento?
Hanno provato i sindaci di Anzio e Nettuno a richiedere un ulteriore monitoraggio alla stessa ARPA o alla ASL? Le operazioni di campionamento ed elaborazione dei dati purtroppo richiedono tempo e ad oggi è impossibile conoscere i precisi impatti di questo disastro ambientale. Bisogna aspettare certamente, ma nel frattempo, bisogna adottare tutte le misure precauzionali possibili. Come si stanno muovendo i sindaci in questo senso?
Dispiace constatare che in questo drammatico episodio sono emersi diversi limiti e criticità nella gestione dell’emergenza e soprattutto nella prevenzione.
La probabile natura dolosa dell’incendio conferma la pervasività delle infiltrazioni del sistema criminale all’interno del ciclo dei rifiuti, rispetto al quale occorre aumentare radicalmente gli impegni e gli investimenti pubblici per le attività di controllo, prevenzione e gestione delle emergenze.
Luca Brignone
Alternativa per Anzio