come il “Concordato di Worms”. Si sancisce: l’Imperatore rinuncia all’Investitura con anello e bastone pastorale dei Vescovi; conserva però il diritto a presenziare alla loro nomina. Solo in caso di conflitti mantiene il diritto di intervenire a favore del candidato da lui scelto. La designazione di Vescovi deve avvenire tramite una libera elezione da parte del Capitolo dei Canonici della Cattedrale; all’Imperatore si lascia la prerogativa di effettuare l’Investitura Temporale con la consegna di uno Scettro.
In Germania l’Investitura da parte dell’Imperatore precede l’Ordinazione ecclesiale; in Italia avviene l’inverso.
Il contenzioso riprese nel 1154 con la nota “Disputa tra Sacerdozio e Impero” e si risolse intorno al 1220, quando Federico II di Svevia decise addirittura di rinunciare alle stesse prerogative che derivavano dal Concordato di Worms previste in Germania.
SCRITTURA AL FEMMINILE
Rubrica aperta a tutti
QUERELLE DES FAMMES/4
di Ivana Moser
Secoli XII-XIII
Le Trobairitz (le trovatore):
poetesse del fin’amor, a modo loro.
di Ivana Moser
Questo articolo costituisce un tassello in più all’ipotesi di un anticipato inizio in Italia della Querelle des Fammes, ampio dibattito in Europa dal 1400 al 1700 sulla natura delle donne, le loro capacità e se dovesse essere loro permesso di studiare, scrivere o governare allo stesso modo di uomini.
La tradizione poetico-musicale dei trobadors
nasce e si sviluppa nei secoli XII e XIII all’interno degli ambienti delle corti provenzali del sud della Francia, dove si parlava la lingua occitana, la lingua d’oc. Il provenzale trobar (trovare, nel senso di comporre, poetare) e i trobadors, cantori del fin’amor, dell’amor cortese, sentimento adultero e platonico che nobilitava l’animo del poeta, sono stati a lungo considerati un fenomeno letterario essenzialmente maschile. In realtà fra i circa 450 trobadors si contano anche circa 20 donne poete, le cosiddette Trobairitz, donne autrici e artefici di cultura, il cui patrimonio culturale trova riflesso e continuità nella poetica femminile italiana del Duecento e Trecento. Poetesse dai tratti autobiografici scarsi e confusi, il corpus delle poesie delle trobairitz non è molto vasto e la maggior parte dei testi risultano frammentari.
L’unica composizione di una trobairitz, Beatritz de Dia o Comtessa de Dia, pervenuta con la propria musica, è A chantar m’er de so qu’ieu non volria/Devo cantar di ciò che non vorrei, bilancio di una relazione amorosa con un amante crudele. Affinità e punti di contatto con questa canzone sono riscontrabili nel sonetto della poetessa italiana del XIII secolo Nina Siciliana Tapina me che amava uno sparviero.
La riscoperta
L’indeterminatezza che circonda l’identità storica delle trobairitz, unita all’ambiguità della scarsa documentazione disponibile, hanno indotto critici misogini dei secoli scorsi a dubitare della loro effettiva esistenza. Si deve al movimento delle donne e ai “gender studies”, a partire dagli Anni 70, la loro riscoperta.
Come i colleghi maschi, anche le trobairitz scrivono d’Amore ma, a differenza loro, non celebrano solo l’amore vagheggiato e nobilitante, ma soprattutto l’amore terreno, ancorato al mondo tangibile e in un linguaggio che non conosce costrizioni e limiti. L’amore adultero e trasgressivo trova massima espressione nella canzone della Comtessa de Dia, Estat ai en greu cossirier/Sono caduta in grande angoscia, chiaro esempio del vivere al femminile la relazione amorosa e di come l’io femminile possa emergere in tutta la sua forza, celebrando sì l’amore sentimentale ma in questo caso più quello sensuale, stigmatizzato in versi carichi di desiderio: giacere con voi una notte e donarvi un bacio d’amore/[…] avrei un forte desiderio di tenervi al posto del marito. Più contenuta è la trobairitz Castelloza nel cantare della lontananza e della pena del tradimento in composizioni colme di nostalgia e tormento, mentre in Amics, s’ie us trobes avinen/Amico, s’io vi trovassi avvenente non esita a condannare l’ipocrita amante, definendolo cattivo, fellone e ingannatore, e sceglie un linguaggio che rompe con le convenzioni e sfida le norme sociali: io so bene che a me piace così, /mentre tutti dicono sia sconveniente/che una dama corteggi un cavaliere.
Il dolore e la pena della separazione, a causa di maldicenti e falsi indovini, è il tema di En greu esmai et en greu pessamen/ In grande angustia e grande tormento di Clara D’Anduza, che così prosegue: han messo il mio cuore e in grande errore.
Da un punto di vista linguistico e contenutistico è interessante notare come la costruzione utilizzata da Clara D’Anduza, messo il mio cuore in grande errore (sofferenza, smarrimento) venga ripresa nel sonetto di Compiuta Donzella Alla stagion che il mondo foglia e fiora, dove Compiuta accusa il padre di volerla dare in sposa ad un uomo che non ama, Chè lo mio padre m’ha messa in errore, termine e costruzione utilizzati anche dalla Contessa De Dia, don ai estat en gran error/sono stata in grande errore.
Unite tra loro
È il sentimento di sorellanza e di complicità e il vicendevole appoggio e sostegno a tenere unite queste donne e a far sì che questa tradizione poetica femminile potesse diffondersi e tramandarsi. Si tratta di un legame che sfocia nello scambio poetico, nella corrispondenza fra donne, come quella tra Almucs de Castelnau e Iseut De Capio, dove quest’ultima implora Almucs di perdonare il suo amante che commise “una grande colpa” nei confronti di Almucs o la tenzone (dibattito tra due o più interlocutori) a tre voci tra le trobairitz Alais, Iselda e l’anziana Carenza, intitolata Na Carenza al bel cors avinen/Signora Carenza dal bel corpo avvenente, dove la richiesta di consigli in ambito amoroso si inserisce all’interno di un rapporto di protezione e fiducia tra donne. Questo tipo di scambio, un dialogo e un gioco poetico a distanza, troverà seguito nelle petrarchiste marchigiane (Elisabetta Trebbiani e Livia Di Chiavello, Leonora della Genga e Ortensia da Guglielmo). Anche il componimento di Azalais de Porcairagues Ar em al freg temps vengut/Ora siamo giunti alla fredda stagione, rientra nella corrispondenza tra donne, rivolgendosi la trobairitz alla mecenate trobadorica Ermengarda di Narbona, come espresso nel pensiero finale: Giullare che avete il cuore gaio, portate lì giù la mia canzone, verso Narbona, vicino a Colei che è un modello di giovinezza e gioia. Numerosi i componimenti poetici che sono riflesso dello speciale rapporto che si instaura fra le trobairitz e fra loro e le donne che le sostengono. Qui mi sono limitata solo ad alcuni esempi.
Trobairitz e Trobadors a confronto
È importante infine citare tenzoni e partimen (dibattiti, dialoghi, accese discussioni in forma ) fra trobairitz e trobadors su temi e questioni, spesso legate alle tematiche d’amore e che, in un certo senso, anticipano tematiche relative alle Querelle des femmes. Così il serrato confronto tra Maria di Ventadorn e Gui d’Ussel: la poetessa e il poeta espongono e dibattono il codice del comportamento cortese e, in particolare, i rapporti tra la donna e l’uomo che si amano, o ancora il partimen tra Gullelma di Rosers e il trobador Lanfranco Cigala dove la donna parte da sé, dal proprio desiderio, mentre l’uomo obbedisce a norme di etica sociale.
La consapevolezza
Come già nelle poetesse dell’al-Andaluz, anche nelle trobairitz si riscontrano tematiche riconducibili alla Querelle de femmes: la consapevolezza femminile, l’intraprendenza amorosa, la difesa e promozione del ruolo della donna nella cultura e il confronto con gli uomini sul terreno letterario. Le poetesse italiane del Duecento e Trecento raccolgono questa preziosa eredità letteraria, trapiantandola nel loro tempo, sviluppandola oltre e contribuendo con le loro opere letterarie a documentare l’idea di un inizio anticipato in Italia della Querelle des Fammes (Mercedes Arriaga, 2008).
TUTTE PER UNA
Fragile, opulenta donna,
matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore
Alda Merini (1931-2009)