Dal libro “Pomezia Origini Genti e Personaggi” scritto dal professor Antonio Sessa ed edito dalla Angelo Capriotti Editore nel 1990
Il lunghissimo Medioevo del nostro territorio
Dopo che nel numero scorso abbiamo pubblicato la prima parte dell’introduzione storica “Enea fonda Lavinium (pag 5 -6)”, ecco su questo numero la seconda parte “Un lunghissimo Medioevo” pag.7 - 8
“La caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) e le precedenti e successive invasioni barbariche degradarono il Lazio portando tutto il territorio dell’Agro, compresa la stessa Roma, in uno stato di completo abbandono. Il nuovo padrone, l’Impero Bizantino, si disinteressò completamente di questo territorio ricordandosi di esso solo per pretendere esose gabelle. In diretta conseguenza di quanto riportato alla fine del precedente paragrafo, peste e malaria, accompagnate da fame e carestia, provocarono un crollo demografico incredibile. I grandi templi, le ville, le terme caddero nell’oblio, sepolti da terra e vegetazione. Intorno alle vestigia dell’antica Acropoli di Lavinium vennero erette poche capanne, rabberciate con materiale prelevato dalle antiche costruzioni; in esse abitarono per lo più pecorai, che in estate erano costretti a raggiungere zone più salubri. Intanto il villaggio cambiò nome: l’antica Lavinium diventò Civitas Patrica, quindi Castrum Patrica e infine Pratica. La stessa Ardea non ebbe sorte migliore: della grande e prosperosa città rutula restò un piccolo borgo fortificato, circondato da acquitrini. Nell’anno 745 d.C. l’intero Agro venne donato dall’imperatore bizantino Costantino V Copronimo al Pontefice del tempo, Zaccaria. Con una pergamena datata 14 marzo 1081, Papa Gregorio VII confermò la concessione, fatta precedentemente dal pontefice Marino (882-884), dei castelli di Ardea, Decima, Pratica, S. Lorenzo, Fossignano ai monaci dell’Abbazia di San Paolo (Roma). Lo scopo fu quello di contrapporre al potere sempre crescente dell’Abbazia di Farfa, fedele all’imperatore, quella di San Paolo, fedele al papato. In questo periodo i monaci costruirono a Pratica, accanto al castello, la torre di 40 metri, distrutta durante la seconda guerra mondiale, e restaurarono e adibirono a chiesa Santa Maria delle Vigne, situata fuori dal borgo. Durante il periodo in cui il papato rimase ad Avignone (1309-1371) i pochi abitanti dell’Agro furono alla mercé delle potenti famiglie romane che si combatterono con inaudita ferocia, ignorando e invadendo le proprietà ecclesiastiche. Nel marzo del 1421 Ardea passò dall’Abbazia di San Paolo ai Colonna e i suoi 700 abitanti furono costretti all’atto di vassallaggio al nuovo padrone.
Ascanio Colonna, per non far spopolare le terre acquistate, concesse alle famiglie rimaste, il 4 novembre 1550, gli “Statuti della terra di Ardia”; in 137 capitoli vennero regolati antiche consuetudini e, soprattutto, gli usi civici nelle terre del feudatario. Questi Statuti vennero modificati in modo più liberale dai Cesarini che nel 1564, per 105 mila scudi d’oro, comprarono dai Colonna il feudo di Ardea; essi regolarono le abitudini e la vita degli ardeatini, da quel lontano 1564 fino alla promulgazione del “motu proprio” di Pio VII del 16 luglio 1816, che abolì l’asservimento dei vassalli ai feudatari. Il territorio di Pratica, nel 1518, faceva parte di una grande riserva di caccia comprendente buona parte dei castelli romani fino al mare. Nel 1526 era di proprietà dei Massimi, esponenti della nobiltà romana. E’ di questo periodo un disegno di Antonio da Sangallo il giovane, depositato presso la galleria degli Uffizi di Firenze, a cui furono commissionate la ristrutturazione del borgo e la fortificazione del castello. Il Sangano non realizzò mai il suo progetto; ma la planimetria del borgo, da lui disegnato, corrisponde a quella attuale. Le continue scorrerie dei pirati indussero Papa Pio V a emettere una bolla papale in cui si obbligò i proprietari sulla costa a fortificare il loro territorio (1567). In forza di questo, Lucha de Maximi, che aveva come tutrice la madre Virginia, dovette contribuire alla costruzione della “Torre del Vajanico”. Nello stesso periodo i Caffarelli costruirono nelle loro tenute di San Lorenzo la “Torre di San Lorenzo”. Queste due torri, insieme a quella di Tor Paterno e ad altre, costituirono parte di un sistema di avvistamento e di difesa lungo il litorale contro i pirati saraceni.
La popolazione dovette, però, subire anche le azioni dei briganti che posero i loro nascondigli nelle selve ardeatine. Papa Sisto V ingaggiò una autentica guerra contro i briganti ardeatini che, guidati da Giovanni Valente, erano diventati di fatto i padroni del territorio. Il suo successore, Gregorio XIII, riuscì a sterminarli grazie all’aiuto del viceré di Napoli. La testa del Valente fu esposta il 24 dicembre 1585 a Castel S. Angelo. Il brigantaggio fu la diretta conseguenza delle inumane condizioni in cui era costretta a vivere la popolazione.
La situazione non cambiò negli anni seguenti. Pratica passò nell’agosto 1617 ai Borghese, attuali proprietari.
Questi, a tratti, tentarono di risollevare il borgo facendo arrivare nuovi coloni, ampliandone l’interno e rinforzando le difese del castello dalle incursioni dei pirati saraceni; alla fine del 1800 Pratica era ancora un borgo semideserto, aggredito dalla malaria. La stessa Ardea, dopo la breve parentesi dell’Impero Napoleonico, in cui fu elevata a Comune, nel 1816 diventò frazione di Genzano. La popolazione alla fine de 1800 ammontava a poche centinaia di persone, insediate per lo più intorno al castello feudale degli Sforza Cesarini, sulla rocca tufacea. Dopo un lungo cammino, iniziato con lo splendore di una leggenda antica e millenaria, il territorio del futuro comune di Pomezia appare agli inizi del nostro secolo come uno dei luoghi più malsani e abbandonati d’Italia”.
Antonio Sessa