Polemiche su come è stato gestito il ritorno della giovane
Il ritorno di Aisha
Alcuni giorni orsono, fra un comunicato del Premier che ci concedeva 100 metri in più intorno al palazzo e un’intervista al virologo di turno era passata una notizia del tutto inattesa ma che certamente costituiva una ragione di gioia: era stata rilasciata una giovane cittadina italiana che era stata sequestrata un anno e mezzo prima da una banda di tagliagole di fede islamica. Preso atto che il suo ritorno sarebbe avvenuto, come avviene in casi del genere, con un Falcon dei Servizi e che l’arrivo sarebbe avvenuto nel terminal protetto dell’aeroporto di Ciampino, sono tornato con i miei pensieri alla contingenza drammatica del Covin e delle sue problematiche complesse ed articolate. Poi l’imbarazzante spettacolo trasmesso in diretta da tutte le TV. Una folla di fotografi ed inviati di radio TV e giornali, richiamati da comunicati ministeriali, si ammassavano, in barba ad ogni cautela sanitaria, di fronte alla piccola aerostazione per rendere onore al ritorno della giovane volontaria. Vorrei evitare di esprimere giudizi sul fatto di cronaca di cui non sapremo mai i dettagli drammatici perché vorrei evitare le illazioni, ma vorrei limitarmi a fare una sintesi degli avvenimenti noti. Una minuscola Onlus, Africa Milele, con sede a Fano, affida a Silvia Romano, un ragazza milanese ventenne senza esperienza, un progetto di assistenza all’infanzia da svolgersi a Chakama in Kenya. Nel novembre del 2018, alcuni delinquenti comuni, che operano nella zona, tra cui Moses Luwaii Chembe, Adbalia Gababa Waria e Ibrahim Adam Omar, rapiscono la giovane volontaria e la vendono subito dopo alla banda di terroristi tagliagole di Al Shabaab, l’organizzazione jihadista con una lunga storia di stragi nei confronti di cristiani. La giovane volontaria viene trasferita in Somalia dove viene trattenuta per mesi. Si potrebbero fare ipotesi su tutto quello che è successo e sulle ragioni della conversione di Silvia in Aisha, che è il nome della terza e più influente moglie del Profeta, ma dobbiamo restare alla fredda sintesi di ciò che è noto. E poi la crisi religiosa della ragazza è e deve restare un fatto suo ed intimo. Per 18 mesi di Silvia Romano di parla ogni tanto nei telegiornali mentre i servizi di Intelligence lavorano al suo rilascio. Poi il 10 maggio la notizia della liberazione giunge al Presidente del Consiglio a cui riportano i Servizi Segreti italiani. Il Presidente del Consiglio va in aeroporto per celebrare l’evento dell’arrivo irritando il Ministro degli Esteri tanto che, alla fine, ad alimentare l’imbarazzante cerimonia, sono in due. Arriva Silvia Romano, la calca indecente dei fotografi ed il sorriso per le telecamere dei due uomini di stato. I cronisti raccontano l’evento in diretta segnalando che Silvia, pardon Aisha, veste il tipico abito Somalo. Saranno poi alcune rifugiate somale a chiarire che quell’orrendo “telo verde” è il simbolo della violenza e della sopraffazione di Al Shabaab nei confronti delle donne somale. Dunque la giovane Aisha aveva scelto di vestire l’abito verde simbolo dei suoi carcerieri e non della Somalia e nemmeno segno della sua nuova religione. Quindi che cosa sono andati a celebrare i nostri uomini di Stato? Il ritorno, e su questo con loro c’era tutto il popolo italiano, di una nostra connazionale e poi hanno fatto da palcoscenico trionfante ad un’organizzazione di assassini ai quali il nostro Governo, con la collaborazione determinante dei Servizi Turchi (notare sul giubbetto anti proiettile indossato dalla ragazza l’emblema dei Servizi di Sicurezza Turchi) ha versato 4 milioni di Dollari per pagare un riscatto e che gli stessi utilizzeranno per finanziare le loro attività criminali. Se la stessa giovane donna fosse stata sequestrata in Italia, da ladroni da strapazzo, un giudice avrebbe bloccato i beni della famiglia per impedire ogni versamento di danaro ai delinquenti. Aisha in arabo significa “viva” ed è solo nel nuovo nome della protagonista che mi sento di celebrare il suo ritorno: il resto è il solito pasticcio ridicolo che caratterizza la politica del nostro Paese.
Sergio Franchi
Il cimitero Usa di Nettuno rimarrà chiuso a visite e cerimonie durante la pandemia
Memorial Day on-line
Alla luce dell’attuale pandemia di COVID-19 e per garantire la salute e la sicurezza del nostro personale e dei visitatori secondo le linee guida degli Stati Uniti e della nazione ospitante, l’American Battle Monuments Commission (ABMC) ha annullato tutte le cerimonie pubbliche del Memorial Day nei suoi 26 cimiteri intorno al mondo.
Mentre i siti ABMC rimangono chiusi e tutte le cerimonie pubbliche vengono cancellate, per adempiere alla sua sacra missione, ABMC commemorerà virtualmente il Memorial Day con due cerimonie che saranno disponibili per la visualizzazione attraverso le piattaforme dei social media dell’agenzia il 25 maggio 2020.
ABMC è impegnata a onorare il servizio, i risultati e i sacrifici delle forze armate statunitensi. I nostri sforzi sui social e sui social media, con il supporto dei nostri partner del Dipartimento della Difesa, onoreranno gli oltre 200.000 membri del servizio USA sepolti e commemorati nei suoi siti in tutto il mondo.
A nome dei caduti, delle loro famiglie e dei loro compagni d’armi, ABMC continua a lavorare quotidianamente nelle difficili circostanze di oggi per adempiere alla promessa del generale degli eserciti John J. Pershing che “il tempo non oscurerà la gloria delle loro azioni”.
Per ulteriori informazioni sulle cerimonie virtuali del Memorial Day 2020 di ABMC, si prega di monitorare www.abmc.gov e le nostre piattaforme di social media: Facebook, Twitter e Instagram.
Per ulteriori informazioni o se ci sono ulteriori domande, si prega di contattare: Chaulin Hélène <chaulinh@abmc.gov>
In light of the current COVID-19 pandemic and to ensure the health and safety of our staff and visitors per U.S. and host-nation guidelines, the American Battle Monuments Commission (ABMC) has cancelled all public Memorial Day ceremonies at its 26 cemeteries around the world.
While ABMC sites remain closed and all public ceremonies are canceled, to fulfill its sacred mission, ABMC will commemorate Memorial Day virtually with two ceremonies that will be available for viewing through the agency’s social media platforms on May 25, 2020.
ABMC is committed to honoring the service, achievements and sacrifices of the U.S. Armed Forces. Our digital and social media efforts, with the support of our Department of Defense partners, will honor the more than 200,000 U.S. service members buried and memorialized at its sites around the world.
On behalf of the fallen, their families and comrades in arms, ABMC continues to work daily under today’s challenging circumstances to fulfill General of the Armies John J. Pershing’s promise that “time will not dim the glory of their deeds.”
For more information about ABMC’s Memorial Day 2020 virtual ceremonies, please monitor www.abmc.gov and our social media platforms: Facebook, Twitter and Instagram.
For more information or if there are further questions, please contact: Chaulin Hélène <chaulinh@abmc.gov>
Utilizzare le strutture militari
Aver affrontato l’epidemia del Covid 19, in modo non separato dalla normale gestione ospedaliera, ha causato danni alla sanità generale e disagi gravi alle persone con altre patologie. Annullamenti di cure e di interventi altrettanto urgenti. Ospedali, cliniche e personale in crisi per dover tenere separati, all’interno della stessa struttura i reparti di medicina generale da quelli con i ricoverati per il virus. Il risultato è stato quello di contagi e blocchi operativi, che hanno reso ancor più pesante il già spesso precario servizio sanitario. Questo errore non può che essere imputato a chi gestisce la sanità. In Italia, ci sono circa 450 strutture militari, per lo più abbandonate o comunque sottoutilizzate, vedi nel caso del nostro litorale l’ospedale militare ed alcune caserme. Esperti affermano che ne basterebbero solo 50 a scopo puramente militare, visto che non esiste più il servizio di leva. Per cui sarebbe razionale prendere dei provvedimenti, viste le esperienze nate dalla attuale situazione di emergenza sanitaria ed economica. Innanzitutto si potrebbe ripristinare un servizio di leva, selezionato per ogni singola regione, per giovani, ragazzi e ragazze, che non hanno percorsi di studio e di lavoro. Li si toglierebbe dal fare, il nulla, che fra l’altro sappiamo quanto sia negativo. Si creerebbe la possibilità di un inquadramento per vari percorsi professionali, per esempio quello sanitario. Dando, al termine, delle qualificate certificazioni di attestati per percorsi, utili verso il mondo del lavoro. Tutto questo potrebbe trovare spazio e collocamento in ogni singola regione, in queste strutture, che potrebbero diventare, anche, sedi attrezzate in casi di una emergenza come quella che stiamo vivendo. Anche perché terminato il periodo di questa “leva”, i nominativi di questi giovani a seconda delle loro specializzazioni, sarebbe a disposizione delle competenti autorità e potrebbero essere velocemente convocati e non andare alla ricerca di volontari, come sta avvenendo ora. Non credo sia impossibile trovare il supporto finanziario per un tale progetto, basterebbe prenderlo dalle spese inutili e parassitarie, mentre i ritorni economici e soprattutto sociali sarebbero evidenti e ne coprirebbero i costi. Inoltre, quando terminerà questa epidemia, non credo sia opportuno rottamare tutte le attrezzature e le esperienze fatte. Quindi domando perché questo argomento non viene razionalmente affrontato da nessuna componente politica, sindacale o sociale.
Luciano Nulchis