PADRONE VIRUS
Sì, è lui che la fa da padrone. Prima pagina sui giornali, anche seconda e terza, tutte per lui; palinsesti TV assicurati tra interviste e tabelle giornaliere. Si, si parla solo di lui: il virus. Sfidano gli increduli la sua temibilità e sprezzanti del ‘finto’ pericolo affollano spiagge e piazze. Temono di lui il contagio e allontano gli amici, abbandonano i conoscenti e aspettano che tutto passi. A debita distanza i più trascorrono l’estate parlando del più e del meno, ma soprattutto di lui. La natura risponde con qualche segno di riconoscenza per averla lasciata in pace per un po’ e indifferente continua il suo corso naturale tra bello e cattivo tempo. Ci aspetta agosto, il mese più estivo, quello delle vacanze… Forse in questo periodo potremo abbandonarci e pensare anche a tutto il resto della realtà. Chissà se ci riusciremo.Intanto, per il prossimo Ferragosto un augurio a tutti quanti.
Giuliana
Il tempo, amico o nemico, solo uno può governarlo: Crono, il titano del tempo.
Fino alla comparsa e manifestazione della pandemia, siamo vissuti in tre tempi: passato, presente, futuro. Poi abbiamo forzatamente imparato che esiste anche un tempo sospeso, un tempo di attesa, di silenzio e di incertezza. Il tempo sospeso ci ha sorpresi fragili ed insicuri, desiderosi di “normalità”, ma consci che niente tornerà come prima.
Estate 2020
È arrivata, puntuale,
io qui a inventare
un nuovo inizio.
I chioschi bar sulla sabbia,
gli ombrelloni,
l’estivo moto
e l’estivo suono del mare,
il sole che trafigge la pelle,
la sabbia che morde i piedi.
Tutto com’era.
Eppure tutto diverso,
racchiuso in un tempo
ancora sospeso,
nella parola, “distanza”
che pesante si corica
sul polveroso cuore.
Ivana Moser
Clima. Clima! Clima??
L’ANNO SENZA ESTATE
di Alessandro Evangelisti
1816 - È pur vero che nell’anno 1816 perdurava la c.d. “Piccola Età Glaciale”, periodo di raffreddamento del pianeta che dalla fine del Medioevo - dal 1300 - si protrasse fino a circa il 1850.
Comunque, le anomalie del clima intervenute nell’Estate del 1816 furono eccezionali e tali da apportare gravi danni all’agricoltura nell’Europa settentrionale, nelle regioni del Nord-Est degli Stati Uniti e nel Canada orientale, tanto che il 1816 venne indicato come “l’anno della povertà”.
E, per il grande freddo, nei paesi di lingua inglese venne ricordato con l’espressione “1800 e gelo da morire” (Eighteen hundred and froze to death).
Si ritiene che quelle aberrazioni climatiche (temperature estremamente rigide e piogge intense) furono causate dall’esplosione del Monte Tambora, un vulcano nell’Isola di Sumbawa (nell’attuale Indonesia, allora Indie Olandesi), avvenuta l’anno precedente, dal 5 al 15 Aprile 1815.
L’enorme eruzione del Tambora (la più potente dopo cinque secoli e mezzo) aveva innalzato nella stratosfera una colonna di cenere alta 43 km, che venne dispersa intorno all’emisfero settentrionale della Terra.
Nell’aria si formò un aerosòl di corpuscoli in sospensione, duro e spesso, che bloccava la luce del Sole e che fece abbassare la temperatura globale.
Era normale che la tarda Primavera e l’Estate in quelle regioni settentrionali dell’Europa e del Nord dell’America fossero relativamente instabili, ma mai così fredde (le temperature, in genere, non scendevano sotto i 15°C e la neve in Estate, anche in Nord America, era rara).
Nel Maggio 1816, invece, il ghiaccio distrusse la maggior parte dei raccolti in quelle zone. A Giugno, nel Canada orientale, e nel New England (ove tutti gli ortaggi andarono perduti) si alternarono due grandi tempeste di neve.
A Luglio e ad Agosto in Pennsylvania laghi e fiumi gelarono.
Le inaspettatamente rigide condizioni del clima dell’Estate del 1816 furono uno dei probabili fattori che contribuirono alla migrazione di parte della popolazione nord-americana dalla costa orientale verso il più temperato Ovest, nonché al rapido crescere di insediamenti umani negli Stati Uniti Medio-occidentali (nel Mid-West).
CICLI CLIMATICI – La scienza ha accertato che la Terra attraversa continue fasi di cambiamenti climatici più o meno rapidi, più o meno ciclici.
Gli statunitensi Cliff Harris (climatologo) e Randy Mann (meteorologo), studiosi che si interessano del fenomeno su lunghi periodi, hanno sintetizzato in un grafico (una curva sinusoidale) i risultati di una loro ricerca.
Nel grafico (vedi in web: “principia-scientific.org/global-temperature-trends-2500-b-c-2040-d/”) hanno riportato i dati storici al riguardo dal 2500 a.C. ai giorni nostri, i quali evidenziano le variazioni del clima nel corso degli ultimi millenni: periodi di riscaldamento e di raffreddamento della temperatura globale si sarebbero succeduti in cicli climatici di lungo termine in conseguenza dell’attività solare, dell’attività vulcanica, della temperatura della superficie dei mari, e di altri fenomeni naturali.
Esempio ne è la sopracitata ”Piccola Età Glaciale”, durata circa 500 anni, che è stata il più recente lungo-periodo freddo. E in effetti, durante tale periodo vi fu debole attività solare e furono numerose le eruzioni vulcaniche.
Sempre con riguardo al clima, un discorso a parte andrebbe fatto per le attività umane (ad es., l’utilizzo di combustibili fossili, le massicce deforestazioni, l’eliminazione di spazi verdi urbani con asfalto e cemento) che producono l’inquinamento o la mancata rigenerazione dell’aria.
IL 1816 E LA LETTERATURA – Ma il 1816, in letteratura, è anche l’anno di stesura del famoso romanzo fantastico Frankenstein o Il Moderno Promèteo da parte della scrittrice inglese Mary Shelley (1797-1851). Furono proprio le avverse condizioni climatiche di quella non-Estate a indurre l’autrice a scriverlo, in quanto costretta in casa.
In quell’anno, infatti, la giovane autrice ed il compagno-marito, il poeta Percy Bysshe Shelley, si erano recati in Svizzera verso la fine del mese di Maggio, ospiti del poeta Lord Byron. Tra gli ospiti vi era anche il medico John William Polidori (1795-1821), a sua volta letterato e scrittore.
Ricorda Mary parlando di quel periodo estivo: “… fu un’Estate piovosa e poco clemente …la pioggia incessante ci costrinse in casa per giornate intere …”.
Seduti al caldo, dinanzi al fuoco del caminetto nella villa di Byron nei pressi di Ginevra, i componenti la piccola compagnia trascorrevano il tempo leggendo cupe storie gotiche di fantasmi e parlando del ‘soprannaturale’.
Byron propose un gioco: ognuno avrebbe dovuto scrivere una storia di fantasmi. Fu allora che Mary Shelley scrisse Frankenstein (èdito poi nel 1818, primo vero romanzo di fantascienza) e John W. Polidori Il Vampiro (èdito poi nel 1819, primo racconto della letteratura moderna sull’inquietante argomento).