sieme alla cosiddetta Grande Guerra, un suicidio politico del Vecchio Continente.
I promotori per l’Unità furono grandi statisti:
il meglio che la classe politica potesse offrire. Oltre che oppositori del Nazismo furono degli autentici democratici. Avevano una visione culturale della Politica che andava oltre le anguste e miopi concezioni nazionaliste pur dimostrando di possedere dei genuini valori patriottici che nulla avevano a che vedere con il pericoloso e anacronistico Nazionalismo.
La famosa Dichiarazione di Schuman - 9 maggio 1950 ha rappresentato la prima pietra della costruzione della Comunità Europea.
Robert Schuman, l’allora Ministro degli Esteri Francese, allo scopo di superare le rivalità storiche tra Francia e Germania, propose la creazione di una Comunità Europea del carbone e dell’acciaio i cui membri avrebbero messo in comune le produzioni sia di carbone che di acciaio.
Con tale iniziativa Schuman intendeva impedire il ripetersi di un ulteriore terribile conflitto partendo dalla considerazione che la messa in comune di interessi economici, oltre che a migliorare i livelli di vita dei Paesi partecipanti, avrebbe costituito il primo passo per una possibile futura Unione Politica.
Al fine di rendere più solida tale collaborazione l’invito fu esteso anche ad altri Paesi europei.
Il Trattato di Parigi - 16 aprile 1951
Per questa ragione si istituisce la Comunità Europea del carbone e dell’Acciaio (CECA) con sei Soci fondatori: Francia e Repubblica Federale tedesca, Italia, Olanda, Belgio e Lussemburgo.
Dal successo di questa iniziativa nasce
Il Trattato della Comunità economica europea - 25 marzo 1957
Il Trattato di Maastricht - in vigore dal 1° novembre 1993 allinea ben 27 paesi membri a formare l’Unione europea. Anche se quest’ultimo Trattato non diede vita ad una vera e propria Unione Politica, molti lo interpretarono come sicura premessa per una effettiva Integrazione Politica.
Purtroppo questo processo che in passato aveva creato tante aspettative, si è interrotto e da lì incominciarono le attuali polemiche in seno alla Unione riguardo alla Politica Finanziaria comunitaria.
Le ragioni di fondo, delle odierne difficoltà di accordo e di collaborazione sono riconducibili al mancato e auspicato raggiungimento di una vera e propria Unità Politica con i relativi Organi Sovranazionali.
Purtroppo l’attuale classe dirigente europea, nella sua cecità politica, non si rende conto che, continuando ad inseguire il proprio interesse “particulare”, (per dirla alla Machiavelli), finirà fatalmente a condannare il Vecchio Continente ad una inevitabile e definitiva decadenza sia politica che economica.
Non ci sono più politici europei della statura di Schuman, di De Gasperi, di Adenauer e di Spaak che, essendo uomini di frontiera, possedevano una visione politica che andava oltre le meschine e superate miopie nazionalistiche.
corrispondenze # da casa #
«Da questo luogo e tempo di isolamento,
tempo del fare e riflettere,
del ripensare e ricucire,
dello stare e del resistere,
il mio pensiero a te, amica cara,
per un saluto, per un arrivederci...»
«Questo luogo s'illumina di gioia
al tuo saluto così cordiale, caloroso e 'domestico'.
M'invita alla calza, al lavandino, al giardino,
il solo che non abbandono.
M'invita all'ascolto di questa amica
che fa del cuore un recipiente senza fondo,
il mondo ci sta tutto,
un mondo bello rinnovato e nuovo!
25 marzo 2020
DANTEDÌ
Leggere Dante assieme.
La sua e la nostra selva oscura
di Ivana Moser cara Amica mia»
…poi accade qualcosa di imprevedibile e ci ricorda quanto siamo fragili dietro alle nostre false sicurezze
È CAMBIATO TUTTO
...la vera unità misura del tempo non sono i giorni, le settimane, i mesi, gli anni. La vera unità di misura del tempo sono gli accadimenti inattesi, quelli che cambiano tutto e ti fanno capire che tante altre cose, prima, sono successe e non te ne eri accorto, e avresti dovuto; e tante cose che davi per scontate non succederanno più. Gianrico Carofiglio, La regola dell’equilibrio
È cambiata così, quasi da un giorno all’altro, la nostra percezione del tempo, catapultati in un tempo sospeso, un non-tempo, in cui tutto si diluisce, si confonde … nuovi ritmi, più lenti, più densi, forse anche più veri.
UN SILENZIO IRREALE
avvolge questi giorni, silenzio che è entrato dentro di noi, facendoci sentire smarriti, disorientati, increduli e disarmati di fronte a tanto dolore. Tanti i pensieri che ci inseguono ed il tempo, lento più che mai, ci riporta a reinventare le giornate e la vita, ognuno dentro la propria casa. Una quotidianità diversa, più distanti di prima, ma anche più uniti di prima. È così che ci siamo riscoperti dopo il 21 febbraio scorso. Ci siamo riscoperti a “mancarci”, ad avere nostalgia di strette di mano, di sguardi, di abbracci, di parole scambiate a quattr’occhi. Non potevamo proprio “fare a meno di noi” e allora ci siamo inventati gli incontri a distanza, il fare la stessa cosa ognuno dalla propria postazione, le sue pareti domestiche.
Così è accaduto anche MERCOLEDÌ 25 MARZO 2020, per la prima edizione del DANTEDÌ, giornata nazionale dedicata al sommo poeta, a Dante Alighieri, istituita dal Consiglio dei Ministri in vista del 700° anniversario della sua morte nel 2021. Un modo per riscoprire insieme Dante, simbolo della lingua e della cultura italiana, in un momento di unione nazionale e di condivisione. Un evento necessariamente tutto virtuale, nel rispetto dei decreti per far fronte all’emergenza coronavirus e il conseguente annullamento dei tanti eventi programmati per questa giornata. Uno di questi in loco era il progetto di letture di Dante in pubblico ad Anzio, ideato e promosso dall’Associazione La Teca in collaborazione con i “Poeti estinti”, al quale alcuni amici del Simposio avevano dato la loro adesione. Data la situazione, necessario un cambio di rotta e l’ideatore ha invitato “tutti, ma proprio tutti, a leggere contemporaneamente un brano della Divina Commedia, un fatto collettivo, un momento dove tutti parleremo la nostra meravigliosa lingua, ancora più uniti dalla nostra storia e dalla nostra cultura millenaria.” (Salvatore Santucci)
INSIEME, A DISTANZA, NELLA SELVA OSCURA
Mercoledì 25 marzo 2020 alle 16.00 il gong di inizio.
Dalle relative postazioni casalinghe a Nettuno, Anzio, Villa Claudia, Lavinio è partita la lettura di alcuni Canti dell’Inferno dantesco, immaginando forse, in assenza di pubblico, che Dante ci fosse accanto, non a giudicare ma a confermare lo spirito di questa iniziativa, tessere fili di unità e comunanza.
Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura / ché la diritta via era smarrita. (Inferno, Canto I)
[…] Per me si va ne la città dolente,/ per me si va ne l’etterno dolore, /per me si va tra la perduta gente. […]Lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”.(Inferno, Canto III)
[…] e quindi uscimmo a riveder le stelle. (Inferno, Canto XXXIV)
UNA GARA D’APPALTO PER OMERO
di Sergio Bedeschi
Questo non è un normale articolo per il Simposio di Lavinio con il quale siamo avvezzi ad anticipare quel che faremo o a commentare quel che abbiamo appena fatto. Questa è una specie di “Gara di Appalto” per cercare collaboratori per un’operazione di Storia e Poesia. Una Gara di Appalto, se vogliamo, un po’ addomesticata, come si noterà dal fatto che io stesso mi adopero per la scelta dei candidati, peraltro già a suo tempo cimentatisi egregiamente con le Operette del Leopardi. Ho infatti promesso agli amici del Simposio che (se possibile) ci presenteremo con Omero o, per meglio dire, con l’Iliade. (ovviamente data da stabilire) Mezz’ora circa da parte mia per parlare di Omero (la questione omerica, come si dice), della guerra di Troia e un po’ dell’Odissea. Poi ci sarebbe la parte dedicata alla recitazione.
[…]
Ma di gran pianto Andromaca bagnata,
accostassi al marito, e per la mano
stringendolo, e per nome in dolce suono
chiamandolo, proruppe:
«Oh troppo ardito
Il tuo valor ti perderà: nessuna
pietà del figlio né di me tu senti,
crudel, di me, che vedova infelice
[…]»
OMERO AL “FEMMINILE”
La mia volontà è di restare alla larga dagli episodi guerreschi e dagli interminabili litigi tra gli Dei e di guardare, invece, alla parte più umana con rilievo delle parti femminili, che considero le più alte e liriche. Per contenere il discorso, mi concentrerei sul Libro VI, dove, tra l’altro abbiamo i magnifici interventi di Ecuba e di Andromaca. Oltre che gli accorati versi di Ettore. Un Canto, che definirei “al femminile”, ingentilisce e innalza, secondo me, il valore di tutta l’opera. La pensavo così tanti anni fa quando stavo al Liceo, e la penso così anche tutt’oggi. Nell’assegnazione delle parti, io la vedrei così: assegnerei ad Ivana (Moser) la parte decisamente impegnativa della madre Ecuba, oltre che i pochi versi della guardiana dei Palazzi Teucri, mentre a Maria Grazia (Vasta) affiderei il breve brano della Sacerdotessa Teano e poi il più difficile e affascinante pezzo nel quale Andromaca saluta definitivamente Ettore, avviato ormai al suo tragico destino. La parte narrativa fuori campo e la voce di Ettore non ho ancora deciso come farla, ma non è escluso che mi ci metta io. Che ne dite? Vi piace l’idea? L’impresa non è facile di sicuro. Bisognerà spiegare e commentare la cosa preventivamente per mettere i presenti a loro agio.
IERI COME OGGI
Non mancheremo di esporre qualche cartina dell’Egeo per rinfrescare le idee e i ricordi. Daremo qualche cenno storico, per rimarcare che il rapimento della bella Elena nasconde in realtà il bisogno di espansione del quale i popoli non appaiono mai sazi. Greci da una parte e Troiani dall’altra, occidentali contro asiatici, la storia di sempre. E tutto per impadronirsi delle vie mercantili verso il l’Ellesponto: il monopolio dei pedaggi per chi passava con le sue navi e le miniere dello stagno così essenziale per costruire armi in bronzo. E gli Dei, lì sull’Olimpo che discutono, litigano, amano e odiano, favoriscono e perseguitano i loro eroi e i poveri esseri umani. E non crediate che sia roba vecchia, favole antiche e superate. Perché è materia anche di oggi, se solo pensate che tutto il Consesso degli Dei altro non è che la Natura stessa, ieri matrigna, oggi più amica, con le sue alterne e imprevedibili vicende, coi suoi umori e i suoi capricci. Qualcosa di non molto diverso dunque da ciò che anche noi “moderni” mettiamo nel mondo della nostra poesia, dei nostri romanzi e del nostro raccontare.