SIMPOSIO
OPPORTUNITÀ
Se come un refren consolatorio atto a convincerci che l’isolamento e le limitazioni potevano essere opportunità per fare cose nuove e riscoprire quel tempo che raramente ci soffermavamo a meditare, oggi possiamo confermare che in molti lo stanno facendo. Le iniziative si moltiplicano offrendo un nuovo interesse e una possibilità di dialogo alla solitudine di chi fatica ad accettare questa condizione che si fa più lunga del previsto.
E, se ha richiesto impegno e fatica fare ricerche, scrivere storie e articoli, organizzare incontri online, è stato dimostrato che si può fare. Con il contributo di tanti volonterosi ‘viandanti’ un grande edificio si sta costruendo che fa pensare a quegli omini di pietra che s’ingrandiscono ad ogni incontro e che segnalano della giusta rotta della strada che si sta percorrendo, (vedi l’articolo di Alessandro): simbolici percorsi suggeriti dalla fantasia che possono essere attuati dalla nostra volontà per tenerci uniti in questa avventura.
Giuliana
GLI “OMETTI DI PIETRA”
di Alessandro Evangelisti
SENTIERI - Vagare per le montagne è un piacere molto semplice. E, in quel vagare su crinali in quota, si possono incontrare ai lati di sentieri poco tracciati pile di sassi piatti, sovrapposti a formare una piramide. Gli escursionisti le chiamano comunemente “ometti” (o “omini”), rifacendosi alla loro forma antropomorfa. Questi “ometti di pietra” svolgono un ruolo utilissimo in altura: visibili anche in caso di nebbia o di neve, indicano il giusto sentiero, e alleviano la solitudine in quanto testimoniano che qualcuno è già passato in quel posto remoto. Per la loro intrinseca fragilità, chi li incontra sul cammino tende istintivamente a contribuirne alla manutenzione aggiungendo una o più pietre.
PIETRE IMPILATE - È stata pratica comune sin dalla Preistoria - specialmente in ambito eurasiatico - l’erigere in territori aperti piccole composizioni di roccia impilate a secco (senza malta né cemento) o anche enormi accumuli di pietre sino a formare colline. Tutte quelle costruzioni, di dimensioni variabili e con differenti simbologie, sono indicate - unitamente ai menhir e ai dolmen megalitici - con il termine “cairn”, vocabolo di origine celtico-scozzese. Gli “ometti di pietra” di montagna sono una loro tipologia, più modesta rispetto agli imponenti “cairn” a camera sepolcrale e agli altri megaliti.
OMETTI - Racconti popolari e storici li dicono passatempo di pastori nell’accompagnare il gregge ovvero oggetto di culto (a sorta di are, i Galli e i Romani ne costruivano sui passi montani e sui colli per i loro dèi); leggende del folklore ne parlano come luoghi di incontro di streghe e di esseri soprannaturali. Ma, chi vive la montagna sa bene, appunto, che la presenza degli “ometti” in pietra, che ogni tanto spuntano in lontananza, serve semplicemente per marcare il percorso giusto da seguire, soprattutto in passaggi di sentiero non particolarmente evidenti, dove sarebbe possibile uscire dal tracciato, o dove il sentiero incontra ghiaioni o brulli altopiani rocciosi. Se il Pollicino della fiaba teneva in tasca le sue pietruzze, spargendole per segnare il cammino, le popolazioni nomadi del Neolitico avevano già da tempo pensato di ritrovare la strada del ritorno dalla caccia adoperando i sassi come traccia, saldamente accatastandoli a secco.
NON SOLO... - E, pure, tra le fessure di un “ometto” può capitare, a volte, di trovare biglietti: messaggi con pensieri sulla bellezza del luogo, di ringraziamento, di preghiera per chi è rimasto nel cuore, a confessare un amore; di gioia, di sofferenza, di ricordi, di speranze. Si affida così alla montagna amica un segreto desiderio di condivisione. Inaspettatamente, quei cumuli di pietre possono poi divenire un microambiente, un habitat particolare che permette ad alcuni insetti o a tipi di flora di sopravvivere ad altezze elevate.
IN VETTA E IN MARE - La loro presenza è frequente anche sulla cima dei monti. Tra il pietrame di un “ometto di vetta” è posto, in genere, il contenitore a tenuta stagna del “libro di vetta” (un registro cartaceo, sul quale lasciare un’annotazione). Ma, gli “ometti” non sono prerogativa solo delle montagne: potremmo trovarli sulle coste del mare e sugli isolotti come aiuto alla navigazione (ad es., in Scandinavia, per segnalare le secche). Sono presenti comunque un po’ in tutto il mondo, sia pur variabili nella forma.
Naturalmente, con nomi diversi: Bonhomme (Francia), Steinmann (Germania), Kummel (Svezia), Inukshuk (zona Artica), Ovoo (Mongolia)...
SUL PRINCIPIO DELLE COSE
Spazio aperto alle riflessioni di tutti
L’IMMAGINAZIONE,
LA CONOSCENZA, IL MITO,
IL SOGNO
di Adriana Cosma
Albert Einstein disse: «l’immaginazione è più importante della conoscenza, la conoscenza è limitata, l’immaginazione racchiude il mondo…».
L’immaginazione in tutti i tempi ha appagato i desideri umani e ha arginato le paure e le frustrazioni dell’uomo. Essa si contrappone alle certezze delle “rivelazioni divine” della religione, affiancando la scienza.
L’immaginazione si alterna all’incoscienza del sogno completandola. Il mito di Morfeo “parla” agli esseri umani in sogno per palesare loro le realtà alternative, a volte il Mito sogna sé stesso realizzando una doppia proiezione nella quale l’uomo assurge ad eroe e può realizzarsi oltre i limiti imposti del possibile pur non abbandonando il suo lato umano.
Nel 23° Canto dell’Iliade, è raccontato il sogno più bello di tutta la letteratura greca. Achille dopo un pianto disperato s’addormenta e vede l’ombra di Patroclo l’amico caro ucciso da Ettore di Troia che lo prega di dargli onorata sepoltura per poter giungere nell’Ade, e quando sarà la sua ora, gli raccomanda: «[…] non mettere le tue ossa divise dalle mie; la stessa anfora d’oro, quella che ti ha dato tua madre, accolga insieme le nostre ossa». Achille lo rassicura: «Io farò di tutto e mi comporterò come tu desideri, ma avvicinati a me. Abbracciati almeno per un istante, gustiamo insieme il piacere del pianto amaro».
L’uomo immagina rivalse contro il destino, ma nel contempo “sogna” e vede nell’immaginato, il profilo della inesorabile realtà, cui voleva sottrarsi.
L’immaginazione porta l’uomo dove la scienza non è ancora arrivata. Riempie la mente ed il cuore di ciò che la vita gli nega.
Non è rilevante possedere la “conoscenza universale” ma avere la capacità di ipotizzare ogni possibile risvolto della realtà, la quale, appagando la sete di conoscenza ci permette di affrontare preparati le conferme della scienza, capacità sempre legate all’intuito nato dall’immaginazione che è l’impulso umano, il motore primario del conoscere.
L’immaginazione si riversa nel sogno di cui è una espressione inconscia maggiormente elaborata grazie all’interazione con l’emotività che accompagna gli eventi della vita conscia.
Qualità umana innata, l’immaginazione, sempre legata anche al mondo onirico è usata quale strumento nella psicologia junghiana. Sostiene Jung che la capacità immaginativa permette di risvegliare i fantasmi dell’inconscio per poterli meglio controllare e direzionare. Quella direzione privilegiata dell’animo umano per il conseguimento delle Verità (troppo spesso esclusivo appannaggio di scienze e religioni) rappresenta la vera libertà anche in stato di sudditanza e schiavitù. Molte grandi menti hanno subito prigionie che tuttavia non hanno leso la loro capacità di pensiero libero.
Mai soli
Noi Uomini,
crediamo
di essere
soli,
in realtà
non lo siamo
mai:
perché
possediamo
l’anima,
dove
Tu,
risiedi:
Eterno,
Infinito,
Immenso
Amore
Pino Pieri