SIMPOSIO
ESTATE/3
Bell'Italia: paesaggi tanto diversi da far dimenticare di essere in un unico Paese, ricchezza di una Storia millenaria, Arte in tutte le più esaltanti espressioni... poi, la buona cucina, in ogni regione manifestazione di specialità ed eccellenze locali, nota oramai in tutto il mondo. Un 'Viaggio in Italia' rappresenta, da sempre, l’aspirazione e il sogno di moltissimi stranieri. Una vera e propria tradizione che risale al '700, quando il viaggio era considerato un necessario completamento della cultura personale. Questo lungo periodo pandemico, purtroppo non ancora terminato, sta facendo scoprire anche a noi italiani (per chi già non fosse un appassionato esploratore di luoghi 'dietro casa') la meraviglia di viaggiare nel proprio Paese. Ma, per molti, il viaggio significa anche lontananza, non solo geografica, ma intesa come possibilità di incontrare e conoscere la diversità. Di volti, di idiomi a volte incomprensibili, di ambienti sconosciuti e tradizioni inaspettate. Nella confusione di regole, vaccini, moduli e certificazioni, una prima apertura di confini vicini fa sperare di poter tornare presto ad esplorare il Mondo.
Ovunque sarete, AUGURO UNA BUONA ESTATE A TUTTI
Giuliana
CURIOSITÀ NELLA POESIA/1
di Sergio Bedeschi
CI AVEVAMO GIÀ PROVATO
Mi ha sempre incuriosito lo spiare le incursioni che le cose scientifiche o sportive hanno saputo compiere nel mondo della poesia. Non che questa sia una faccenda nuova. No, di certo. Qualcuno ricorderà che in tempi non troppo remoti io stesso mi ero avventurato a tenere un intero Simposio su tale argomento tentando di destare la vostra e la mia curiosità nei non pochi esempi che la storia è in grado di consegnarci, tanto ieri quanto oggi. Ovvio che tale iniziativa fosse destinata a suscitare subito sorpresa e scandalo. “Ma come?” Ebbe giustamente da obbiettare qualcuno. Argomenti di tal fatta, che sono in genere rigorosi razionali aridi,tecnici appunto, ludici nel migliore dei casi, come potranno mai conciliarsi con il sentimento, l’emotività, la fantasia che solitamente permeano i versi e i canti della Poesia?
SI PUÒ FARE VERA POESIA?
La domanda era ed è del tutto legittima se non fosse che poi scopriamo che, a compiere tali profanazioni, sono stati spiriti e poeti illustri del calibro di Pindaro, Leopardi, D’Annunzio. Hai detto niente!E poi magari tu stesso. Se per caso sei uno di quelli che fa parte della schiera di chi ama rimare o verseggiare, hai visto mai che, tra le tue intime cosine, ci troviamo qualcosa del genere? E che dunque, quasi senza saperlo, ci sei cascato pure tu? Così almeno era capitato a me che, mentre tenevo quel Simposio, non potei esimermi dal confessare a chi mi ascoltava di aver composto qualche strofa sul Gioco del Calcio o sulle Macchine Volanti (leggi: aeroplani). Ciò che accadde fu che, facendo cadere ogni prevenzione, si cominciò a leggere, recitare e rispolverare versi di poeti vari e famosi, senza trascurare di mettere in mezzo qualche nostra composizione. Saltando qua e là, s’intende, con poco ordine, alla bene in meglio, giusto per provocare curiosità e divertimento.
SCRIVEREMO A PUNTATE
Ed è sulla scia di quell’esperienza che mi è sorto il desiderio di riaffrontare tale argomento sulle pagine de Il Litorale, ovviamente ora in modo un po’ più sistematico. Magari a puntate. Che ne dite? Si può fare? Sì...? OKAY! E allora cominciamo! E guardate che abbiamo subito la prima sorpresa. Siamo nel 500 avanti Cristo o giù di lì. Omero ha “già dato” del suo tre secoli prima. I grandi lirici, Saffo, Alceo, Anacreonte e Mimnermo hanno appena composto i loro sublimi canti. La Grecia è un paese che non avrebbe voglia di fare la guerra con nessuno, anche se non raramente è costretta a mettersi in armi. È un paese nel quale alla gentepiace chiacchierare, discutere, filosofare, poetare. È lì che si inventano le Olimpiadi: un evento grandioso che ha risonanza in tutto il Mediterraneo (come dire in tutto il mondo). Si depongano le spade, gli scudi e le macchine da guerra! Si fermino tutte le ostilità tra i popoli, qui si gareggia per puro spirito di gloria sportiva! Atleti di ogni sponda si danno la mano in un abbraccio di lealtà e di amicizia. È lì che Pindaro si mette al lavoro. E sì, perché, quando ancora tecnica e scienza sono in gestazione, le prime incursioni nella poesia avvengono per opera dello sport.
UN VERO E PROPRIO CAMERAMAN
Di Pindaro ci restano ben quattro volumi belli densi nei quali si descrivono le varie gare di un’Olimpiade. Lui passa da una specialità all’altra, dal tiro con l’arco al giavellotto, dalla corsa coi carri al pugilato, come fosse un moderno cameramancon una disinvoltura e un’agilità che oggi, in suo nome, chiamiamo voli pindarici. Ma non è solo cronaca, ben inteso. Anzi l’agóne, dove si suda si lotta si corre per superarsi l’un l’altro, sembra il più delle volte un pretesto per poetare sull’Uomo, sulle virtù dell’atleta che, vincendo, si sublima verso il Divino sfuggendo alle contaminazioni della Terra. Di più, molto di più. Il suo volar pindaricoci fa uscire sovente dai campi sportivi per portarci nel Mito e nelle Leggende immergendoci nel loro passato eroico. Cronista sportivo, narratore, cantore di Miti e Leggende. Ma soprattutto poeta. Eccolo che descrive una gara di carri chiedendosi chi sarà il vincitore:
Chi dunque di nuova corona
cingerà le mani e la fronte,
col carro correndo al traguardo
acquistando il divino valore?
Ma vi è anche lo spazio per i momenti dell’amore e per la nostalgia del tempo andato:
A tempo propizio conviene,
anima mia,
negli anni più floridi
far mèsse d’amori.
Né Pindaro è ingrato verso i magici momenti nei quali soffia il vento dell’ispirazione poetica:
Al canto mi esalto, sì come delfino marino,
cui sopra la stesa del mare tranquillo
dei flauti si eccita l’amabile squillo.
Avete visto? Un cronista sportivo che sa essere romantico e incantato. Un cantore a tutto campo in cui l’inserimento dei temi sportivi non solo rende originalissima l’opera, ma crea continuamente pretesti per sentimentalismi ed emozioni di cui forse all’inizio qualcuno poteva dubitare. Fantastico, vero?
Ciao, alla prossima puntata!
SUL PRINCIPIO
DELLE COSE
Spazio aperto alle riflessioni di tutti
LA TEATRALITÀ UMANA
di Adriana Cosma
La separazione apparentemente incolmabile fra verità e apparenza, autenticità e finzione è invece un’alternanza sistematica insita nell’animo umano e funzionale ad esso. Il comportamento umano non è mai realmente autentico (pur senza falsità colpevole). L’uomo vive la sua esteriorità esprimendosi come su un palcoscenico, vivendo come un attore la propria esistenza. Un atteggiamento che si è sviluppato durante l’evoluzione quando ha maturato il convincimento di doversi difendere maggiormente dai propri simili che dalle belve feroci.
Ognuno di noi indossa una maschera, anche senza malafede o inconsapevolmente. L’uomo sente la necessità di proteggere la sua interiorità segreta dalle turbative esterne prodotte dall’altruità che potrebbe non comprenderlo: a ragione o a torto. È difficile essere ciò che si è e nel contempo apparire graditi al mondo.
La maschera dall’inizio dei tempi era uno strumento usato dall’uomo nel suo relazionarsi religioso con le divinità, sia per impersonarle favorendo l’identificazione con le forze cosmiche e quindi l’acquisizione dei loro poteri; sia per nascondersi e proteggersi da esse durante i confronti con il divino. Infine per rappresentare le divinità stesse da onorare.
L’uomo, ha poi proiettato questa tendenza alla teatralità esistenziale in tutte le manifestazioni religiose e parareligiose. In particolare nelle grandiose cerimonie di sacrifici umani legate alla religione: in India la Brahmanica; nel nord Europa la norrena e quindi vichinga; in America fra Aztechi e Maya ecc. tutto ciò avveniva in ambiti temporali abbastanza ravvicinati 1000 a.C. e territoriali trasversali.
Successivamente la teatralità è esplosa con i culti misterici greci e orientali in genere per poi essere “codificata” nelle tragedie e commedie del teatro greco considerato evento relogiso.
Oggi “trasformarsi” nella vita è divenuta una caratteristica connaturata all’essenza umana, non è più semplicemente un “modus” adottato da alcuni, ma concretizza sempre l’esteriorità umana.
Per assicurare il successo delle proprie intenzioni ed ottenere il plauso altrui, l’uomo sistematicamente si “proietta” in modo “drammatico-plastico-emotivo” all’esterno, imponendosi con il personaggio di volta in volta impersonato. Tutto finalizzato non ad una mera predominanza, ma ad una vera e propria sopravvivenza.