SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
si chiude una stagione
L’estate se ne sta andando insieme ai suoi suoni, ai suoi odori e alla luce vitale che il sole porta con sé. La melanconia, inevitabile, si attenua alla rinvigorita voglia d’iniziare nuove o ritrovate attività, motivati dai buoni propositi che il periodo di riposo ha ridestato. Arriverà la nostra routine, da riprendere dopo il periodo di pausa estiva, con il desiderio di trasformare i ricordi ancora vivi e “profumati” in nuove intenzioni di incontro. Come il desiderio della pioggia, dopo troppa aridità, così stiamo predisponendo il nostro nuovo stato d'animo. Ci aspettano giornate più meste e tranquille, dove il sole si spegnerà presto e lascerà spazio al raccoglimento della sera. Ci attendono i consueti incontri quotidiani, che si potranno colorare di nuove chiacchiere intorno alle passate avventure, più o meno rocambolesche, o a raccontare di riflessioni vissute nel silenzio rigenerante della natura. Ognuno trasformerà il proprio ricordo perché rimanga vivo il più a lungo possibile e resti consolatore ove la quotidianità si affacci complicata e difficile da accettare.
Anche il Simposio riprende l'attività con rinnovata voglia di incontrarsi e la curiosità di ritrovare gli amici, già pensando a quali novità abbiano preparato durante l’estate. Così si continua e si consolida una famiglia, che dopo una lunga assenza, non vedel’ora di ritrovarsi insieme.
Giuliana
Inizio Simposio
Anno 2025 - 2026
Lunedì 15 settembre 2025
ore 16.30
In via Venezia 19,
Lido di Cincinnato - ANZIO
IL SONNO DELLA RAGIONE
GENERA MOSTRI
Una ricerca sulle passioni umane
e sulla creazione artistica
con FRANCESCO BONANNI e
GIANCARLO MARCHESINI.
Vedi articolo Il Litorale N.15 – 1-15 settembre 2025
L’ABITUDINE
di Lello Agretti
Disse
Nello schiudersi d’ali
una piega resta
invisibile
all’occhio dell’abitudine.
Ti parlo - disse -
dell’anteriore volontà
a cui l’uccello s’affida
ignaro d’ogni meta.
Ecco: il problema sta tutto qui, nella parola e concretissima realtà che ha nome: abitudine.
Il giorno s’è affacciato, un po’ più fresco ma anche meno arzillo e si tratta, ora, di portarlo fino a stasera. Che si fa? Riempiamo la pagina con gesti e atti simili a ieri? No. Ieri ero a Cefalonia mentre adesso sto dove vivo da anni. E dunque?
Che faccio? Esco? No, al ritorno farà caldo e non mi va di sudare... Allora, me resto in casa a... A fare?... Cosa?... Saranno ancora i postumi vacanzieri: i pensieri stanno appena stiracchiandosi, mi danno l’idea di bradipi che a mala voglia lasciano l’albero (una volta a settimana) per evacuare, rischiando la vita...
E allora? Di leggere, nemmeno per sogno! Concentrarsi stando appresso a riflessioni e intelligenze mi richiede fatica... Quindi?... Quindi... Quindi... E, sai, mica è cosa facile tirare a sera il giorno; non sono un muratore che, pure imprecando e tanto, non può mollare: bisogna portare acqua, impastare nella giustezza ed edificare prima che il cemento solidifichi... E non sono nemmeno un driver di Deliveroo, Glovo, Just Eat o Uber Eats che si fa il maz... per cercare di guadagnare quei pochi euro e sommarli agli altri pochi euro... Quanto riuscirà a guadagnare fino a sera? E come ci arriverà?...
Intanto, una pagina sta offrendo la sua fine e di avviare questo ennesimo giorno non se ne vede (sì, hai letto bene: vede, dal verbo vedere, come a dire: avvistare) il principio... Altro che bradipo! Innanzi, come un macigno sulla via, sta l’abitudine, cioè, il nuovovecchio Nulla! Mannaggia a Nietzsche e a quando affermò: Dio è morto. Ora siamo senza speranza...
No, va bbè, lasciamo stare; queste divagazioni sono soltanto quisquilie, pinzillacchere della mente, come le chiamerebbe il gigante Totò. Aspetta, aspetta... Che intravedo? Cosa troneggia alla mente?...
E se tarda a venire
se vedi l'olio consumarsi
se rivolti la notte
e la notte non dice come stanno le cose
meglio prendere la porta.
Meglio uscir prima dei passeri
nell'aria ancora taciturna
meglio un sentiero tra te e il paese
perché mai saranno gli occhi diogeni
ma l'ora lunga della lumaca/ a dirti
esattamente
come vanno le cose.
Tu che dici? Che consigli? Che faresti al posto mio?
OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
I NOSTRI MODI DI DIRE
Quante dita!!!
di Giancarlo Marchesini
Innumerevoli sono i modi di dire legati alle parole, dito/dita. Ben più di venti, contando le dita delle mani e quelle dei piedi, anche se apparentemente siamo gli unici fra i parlanti le lingue romanze a non fare una distinzione fra arti superiori e inferiori. Per quanto riguarda le dita dei piedi, gli inglesi parlano di toes, i tedeschi di Zehen e i francesi di orteils.
Ma questo non significa assolutamente che le altre lingue siano più ricche della nostra. E l’abbondanza dei modi di dire legati alle dita ne è una perfetta dimostrazione.
Si contano sulle dita di una mano. Questa frase illustra amaramente la scarsità di mezzi o soluzioni a disposizione. Che si tratti di denaro, di idee, di esperti o quant’altro, il fatto che la scelta si riduca a cinque (o meno di cinque) indica la gravità della situazione o la scarsità delle risorse che possiamo mettere in campo per giungere a una soluzione. Con un’iperbole divertente, un mio amico usava dire “le soluzioni si contano sulle dita di una mano monca”. Un modo per tagliare la testa al toro o piuttosto per tagliare tutta una mano.
Non muovere un dito. Anche qui l’accezione è negativa. Una persona da cui speravamo ottenere aiuto non muove un dito per venirci incontro. Che lo faccia per pigrizia o per cattiveria (o magari perché si trova nell’impossibilità di agire) il risultato non cambia. A nulla, servono preghiere, rimostranze o suppliche. L’amico resta adamantino nel suo non intervento.
Mettere il dito sulla piaga. Qui ci scontriamo con uno dei peggiori comportamenti dell’essere umano. Abbiamo subito una critica, ma questa ci viene ripetuta più e più volte, facendoci capire che abbiamo commesso un errore madornale, qualcosa che è sbagliato in tutto e per tutto. A dire il vero, va notato, che potremmo essere noi a mettere il dito su una piaga e assumere il ruolo del carnefice. Chi è senza peccato, scagli la prima pietra.
Mordersi le dita. Abbiamo perduto un’occasione unica di migliorare la nostra posizione: una promozione, una conoscenza, un viaggio, un’esperienza positiva. Siamo stati tanto stupidi che non ci resta che morderci le dita.
Nascondersi dietro un dito. Il significato è ovviamente psicologico. È impossibile che un corpo umano si possa nascondere dietro un dito. Chi pensa di poterlo fare, nega l’evidenza dei fatti. Non userei questa espressione per un negazionista che vuole farci credere che realtà storicamente accertate non siano mai accadute, ma, è una mia intima convinzione, la userei per i terrapiattisti!
Leccarsi le dita. Il banchetto è stato talmente buono e superlativo da farci dimenticare tutte le regole del galateo, leccandoci le dita in un accesso di cupidigia alimentare. L’espressione può essere usata ovviamente anche come metafora. Non parliamo più di pranzi luculliani, ma di tutto quello che ci può fare gola.
Legarsela al dito. Ho subito un torto e mi faccio un segnalino con un fazzoletto, uno spago o quant’altro per non dimenticare. Medito vendetta o voglio presentare una vibrata protesta.
Fortunatamente, questa espressione idiomatica ha anche un significato positivo, addirittura romantico. I cavalieri turchi che partivano per la guerra usavano legare a un dito dell’amata un nastro, pegno di amore eterno.
Da questa usanza è nato il rito dell’anello di fidanzamento. Un modo di dire percepito oggi come negativo che nasce, però, dalla volontà di legarsi per sempre a una persona.
Quando il saggio punta un dito verso la luna lo stolto, guarda il dito e non la luna. Questa frase parla da sola: lo stolto è incapace di comprendere gli insegnamenti che gli vengono dati, confonde causa ed effetto, realtà e fantasia.
Non ci resta che dire: quante dita!!