Il 25 aprile festa di liberazione dal nazifascismo
Ottanta primavere
Venerdì scorso: ottantesimo anniversario del 25 aprile, festa di Liberazione dal nazifascismo e inizio del percorso democratico, costituzionale, di acquisizione dei diritti, di emancipazione. Una ricorrenza identitaria e fondativa che sta alle basi della nostra storia di italiani. Una ricorrenza, però, che desta divisioni, polemiche e ostracismi di vario genere, mettendo spesso a rischio il livello di integrazione della nostra stessa società; e anche per questo è importante e utile celebrarne la ricorrenza e conservarne, in maniera dinamica, la memoria.
Anche a Nettuno e Anzio si è celebrata la ricorrenza (cosa che non è stata affatto pacifica in molti comuni: mi pare fra gli altri, Orbetello, Genazzano, la panetteria di Ascoli Picenoecc). Oltre le manifestazioni istituzionali del mattino, il pomeriggio nella sala consigliare di Nettuno si è realizzato l’evento culturale intitolato: “Le donne della Resistenza. La resistenza delle donne”, organizzato dalle associazioni “Baraonda: associazione di resistenza culturale”, “Le tamerici”, “L’ANPI Anzio Nettuno”, con il sostegno della BCC e il patrocinio del comune. Sala gremitissima, solo posti in piedi, filmati, elementi biografici, spezzoni di film, letture, storie di vita ecc. raccontate dalle operatrici delle tre associazioni, il supporto dei performens Silvana Maltese e Leonardo Leonardi con le sue rappresentazioni pittoriche realizzate in progress e la colonna sonora in sottofondo della chitarra di F. Desideri. Si sono percorsi gli eventi della Resistenza e della Liberazione che hanno visto le donne come protagoniste e l’importanza di quegli stessi eventi nella genesi di quel lento, non privo di difficoltà, sofferto percorso di acquisizione dei diritti, di riscatto da 80 anni fa fino a oggi.
Sarà stata una manifestazione sobria? Francamente non saprei. La sobrietà è termine dal perimetro semantico immenso, un insieme di codici e canoni che si declinano in senso astratto e soggettivo a secondo l’habitus e valutazioni strettamente personali. Certo la Resistenza e le sue manifestazioni non sono mai state carnevalate, feste della cuccagna, esibizionismi di vario tipo. La sobrietà invece mi pare scarseggi nei linguaggi e nella rappresentazione sovraniste e suprematiste, nei narcisismi del miliardario di turno, nell’esibizione di oggetti simbolici sacri durante i comizi, nelle sbrodolature e nelle retoriche dei vari sepolcri imbiancati -soprattutto quelli post mortem-, il cafonal delle trasmissioni di tv commerciali ecc. Altri, mi sembra, siano i luoghi e le occasioni ‘a rischio’, dove raccomandare sobrietà; non mi pare che questa difetti nelle celebrazioni resistenziali che sono poi riaffermazioni della nostra identità e della nostra etica collettiva, del sacrificio e del riscatto. Francamente a me (per quel che vale la mia opinione) è parsa una raccomandazione inutile, pretestuosa, una concessione paternalistica, comprensibile solo nell’ambito di uno svuotamento di significato, contenuti e valore del 25 aprile stesso, di disinnesco di una celebrazione che a molti dà fastidio e proprio in questo evidentemente sta il suo valore e la sua attualità. Quanto poi alla presunta mancanza di attenzioni nei confronti della scomparsa di papa Francesco, va detto che funerali e celebrazione dell’ottantesimo si svolgevano in due gg e in tempi diversi, e che poi molti dei valori propugnati da papa Francesco collimano con quelli della Resistenza italiana, anche se poi questo non si deve dire: non si deve mischiare la Politica con la religione (almeno questo è il luogo comune circolante). Ma certe affinità, certe ‘simmetrie’ -forse erratiche e casuali- sono di evidenza palmare: pace (la pacificazione obiettivo principe dei resistenti), disarmo, eguaglianza, liberazione, diritto dei popoli e dei ‘dannati della terra’, dei colonizzati, di tutti quelli che -finite le loro ‘prestazioni’ lavorative- sono in tragica ‘eccedenza’….
Giuseppe Chitarrini
Manifestazione nella sala del Consiglio di Nettuno per ricordare le vittime innocenti immolate
Il costo della libertà
Sono ormai trascorsi 80 anni da quel 25 aprile del 1945, quando gli Italiani festeggiarono la Liberazione dal nazifascismo. L’Amministrazione di Nettuno ha voluto ricordare quell’anniversario con una serie di eventi che si sono susseguiti dal 23 al 25 aprile, tutti significativi e coinvolgenti. Il 24 aprile l’Associazione ‘Gemellaggi Nettuno’, i ‘Lions Club Roma Litorale Sud V.I. F.S.’, CittaInsieme’ ed ‘I Poeti Estinti’ hanno dato vita alla manifestazione ‘Il costo della libertà’, nella sala Consiliare, dalle ore 16:00, ricordando il contributo delle innumerevoli vite umane immolate per la libertà. Ha coordinato l’evento il Presidente dell’Ass. ‘Gemellaggi’ Franco Cirilli. Sono intervenuti il Presidente del Consiglio Comunale Roberto Alicandri, l’Assessore Roberto Imperato e l’Ass. Carla Giardiello, tutti concordi nell’asserire quanto sia importante festeggiare la Liberazione nel periodo storico così difficile che stiamo vivendo. Un momento molto commovente si è avuto con la past President dei Lions Maria Pia Baldo che ha ricordato la ‘grandezza’ delle partigiane, da lei conosciute personalmente, che hanno lottato a fianco degli uomini e sono state determinanti per la vittoria finale, tutte unite senza distinzioni di fede politica: Maria Eletta Martini, Tina Anselmi, Maria Federici (fondatrice del CIF, la cui Presidente a Nettuno è Anna Ferrazzano), Alessandra Codazzi (assunse il nome di Rosario per sfuggire alle ritorsioni nazifasciste), Nilde Iotti. Il Prof. Francesco Bonanni ha ricordato la sua infanzia vissuta nel terrore (fame, bombe, sbarco di Anzio, occupazione nazista di Roma).
Il Presidente Claudio Tondi ha commentato un interessante scritto di Calvino del 1977. Sandro Vaggi si è soffermato sulla nascita e lo sviluppo dei Paesi gemellati in Italia ed in Europa. ‘I Poeti Estinti’, coordinati dal Presidente Maurizio Stasi hanno fatto rivivere gli anni prima e dopo la Liberazione con poesie e racconti inediti. Si sono esibiti: Mariagrazia Scordino, Danila Marzia Venezia, Lucia Catacci, Angelo Caporali e Rita Cerasani, Maria Vittoria Catapano, Paola Leoncini, Gaetano Mele e Maria Grazia Vasta, Rossana Venturelli e Maurizio Stasi. Le loro performance che hanno riscosso molti applausi, sono state completate dal sax suonato dal M° Pasquale Farina che ha presentato canzoni a tema: ‘Rainbow’, ‘Blue moon’, ‘La vie en rose’, ‘The for twe’. Il pomeriggio, così ricco di ricordi, si è concluso con la consegna delle pergamene di partecipazione donate alle quattro Associazioni coinvolte nel progetto, segno tangibile di riconoscenza da parte dell’attuale Amministrazione.
Rita Cerasani
Antigone deve morire
Cartello “sold out”, applausi interminabili e un silenzio denso prima della standing ovation: è questo il bilancio della prima di Antigone deve morire, lo spettacolo andato in scena sabato scorso al Teatro Girasole di Nettuno, per la produzione di Compagnia AreaMetropolitana e Centro Artistico Internazionale Il Girasole.
Un riadattamento potente e simbolico della tragedia di Sofocle, firmato dal regista Simone Barraco, artista che ormai da più di vent’anni calca palcoscenici internazionali da New York al Cairo, passando per la Biennale di Venezia e il Piccolo di Milano.
In una sala gremita da oltre 130 spettatori, la rilettura del testo di Sofocle, si è distinta per forza visionaria e profondità emotiva. Cinque attori in scena per interpretare Antigone, Ismene, Creonte, Emone e un narratore poliedrico che ha dato corpo al coro, alla guardia, al messaggero e alla balia, in un fluido intreccio di voci e ruoli.
La scenografia, volutamente scarna e simbolica, ha creato uno spazio scenico diviso tra un “dentro” – dove si sviluppa l’azione – e un “fuori” abitato dagli attori-personaggi, sempre presenti, anche quando silenziosi. Un bosco sonoro, composto da sussurri, respiri e suoni prodotti dal corpo degli attori, ha avvolto la rappresentazione, donando una dimensione quasi rituale al racconto.
Sul fondale, una cornice vuota: chi vi abita? Polinice, Eteocle, Edipo, Giocasta? O forse una domanda senza risposta, quella che il Classico ci lancia contro con la forza di un pugno sordo allo stomaco.
Tutti i personaggi portano il volto coperto da un bianco da circo, ad eccezione di Antigone: il suo volto nudo, privo di maschere, è il segno del suo destino, della sua autenticità che la conduce alla morte e alla terra.
La regia costruisce così un codice visivo e sonoro di grande impatto, con un disegno luci poetico ed evocativo che diventa esso stesso drammaturgia. La scelta musicale – contemporanea, spiazzante – contribuisce a rendere l’opera un ibrido affascinante tra tragedia classica e linguaggi moderni.
Gli attori si sono distinti per una prova intensa e stratificata. Da segnalare in particolare l’interpretazione di Gabriele Ciccotosto, un Creonte tragico e umano, e Alice Marino, un’Antigone di straordinaria profondità. Ottime anche le prove di Leonardo Ragazzini, Amalia Izzo e Francesco Lanzanova, capaci di rendere vivi e attuali i conflitti ancestrali del testo sofocleo.
Settanta minuti di spettacolo che iniziano con un ritmo accattivante e accessibile, per poi catturare il pubblico in una spirale emotiva che culmina in un finale mozzafiato, poetico e raggelante.
Alla fine, le luci si spengono. Un attimo di sospensione, poi l’esplosione: la platea in piedi, lungo e fragoroso l’applauso.
Antigone deve morire è più di una messa in scena: è un’esperienza che tocca corde profonde, un’opera che riappacifica con il teatro, rendendolo necessario, urgente, universale.
Una produzione che merita di essere vista, e rivista. Da tutti.
Perché il teatro, quando è così, ci ricorda chi siamo.