OSSERVATORIO LINGUISTICO
Rubrica aperta ai contributi
di tutti gli interessati
Di macchine e di dèi
di Giancarlo Marchesini
Deus ex machina. L’espressione deus ex machina indica il modo in cui la cultura latina descriveva uno dei momentipiù significativi della tragedia classica: in una situazione irrisolvibile un dio scendeva dal cielo portando la soluzione di tutti i problemi. In Grecia, Euripide fece largo uso di questo espediente (il più memorabile è nella Medea e riguarda il carro di Elio, il dio del sole). Il termine latino “machina” (da intendere come struttura, costruzione) deriva dal greco μηχανῆed indica la gru, le cinghie e le pulegge che venivano impiegate per la discesa del Dio. La frase greca ἀπὸ μηχανῆς θεός significa appunto il dio che scende dall’alto.
Dèi e macchine di oggi. Quando ai giorni nostri parliamo di deus ex machina intendiamo una persona (o un avvenimento) che all’improvviso compare all’interno di una situazione inestricabile e fornisce una soluzione facile e immediata.
I versi di Manzoni. Così almeno, da liceale, mi immaginavo la comparsa sulla scena europea del Napoleone di Manzoni: “Due secoli, l’un contro l’altro armato, sommessi a lui si volsero, come aspettando il fato; ei fe’ silenzio, ed arbitros’assise in mezzo a lor”.
Acqua che non macina più. La nostra epoca difetta ovviamente di conquistatori (o dèi) che possano ristabilire l’equilibrio o porsi come ago della bilancia internazionale. A parte il fattore umano, il problema è quello degli ordini di grandezza: se ai tempi di Napoleone i conflitti si limitavano a guerre fra le nazioni europee, la dimensione universale dei problemi odierni non permette di affidarsi a un dio per risolvere le afflizioni sociali, economiche, alimentari, ecologiche e religiose che travagliano il nostro mondo. Forse perché da bravi monoteisti, cerchiamo un solo, unico Dio (quello che si scrive con la maiuscola) e sorridiamo all’equanimità dei romani che avevano eretto il Pantheon, un tempio per tutti gli dèi…uno a caso sarà quello giusto!
Il cigno nero. Nella nostra foga razionalizzante, abbiamo inventato la “teoria del cigno nero” per indicare un evento completamente inaspettato, ma capace di cambiare radicalmente situazioni date per scontate. Ma, pur se con agnostica coerenza, ci illudiamo che possa ancora esistere un deus ex machina. Ci sono molti individui che pensano avere le carte in regola per pilotare una “machina” universale. In tutti i gradini della politica, dell’economia e della protezione dell’ambiente, da colui che rimesta per essere rielettoai leader delle massime potenze mondiali c’è sempre qualcuno che sfodera soluzioni prodigiose per risolvere i conflitti mondiali, per ripristinare la grandezza del proprio paese e per vincere la guerra dei dazi.
Un atto di fede? Nonostante le sirene dell’agnosticismo, risulta rassicurante disporre dell’immagine di un dio (con la minuscola) che possa risolvere i problemi che attanagliano il nostro mondo. Ma se con un atto di fede mi voglio convincere che una tale persona esista e possa fare le funzioni di dio, mi dovrò chiedere di quale “machina” egli/ella dispone.
Perché le iniziative individuali poco valgono di fronte alla massa di problemi che il nostro dio dovrebbe risolvere.
Papa Bergoglio. La prova più schiacciante è nella figura del pontefice scomparso lunedì 21 aprile (ahimè il natale di Roma di cui era il vescovo). Con tutta la sua forza carismatica, di guerriero gesuita ma francescano d’adozione, con una forza contrattuale necessariamente soltanto morale non è riuscito a mettere fine alle guerre, a salvare il pianeta dalla distruzione imminente.
Ben poco ci resta. Al suo confronto, gli altri leader, più o meno carismatici, più o meno onesti o arroganti sono figure sbiadite, anche se straordinariamente potenti, Non voglio fare nomi, ma li potete andare a cercare nei ruoli della politica internazionale, delle guerre in corso, dell’economia, dell’attivismo verde, dell’intelligenza artificiale, dei Bitcoin e di tutto il codazzo che si recherà a Roma il 26 aprile per i funerali del papa. Queste figure tra lo squallido e l’arrogante credono di poter condurre il carro di Elio ma a ben guardare sono gli aurighi di altrettanti, futili carrettini.
IL BUON SAMARITANO
testo ed illustrazione di Vincenzo Corsi
Può essere “l’odio” la risultante di un percorso di estremo amore per tutto ciò che è umano? Citando con estrema deferenza Antonio Gramsci, posso dire con lui per esempio che io “odio gli indifferenti”.
Sant’Agostino diceva che l’indignazione è figlia della Speranza. L’Articolo 11 della Costituzione recita all’inizio: “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli…”. E allora, come conciliare tutte queste affermazioni?
La Misericordia, se non accompagnata da una radicale e strutturale lotta ai principi che generano l’ingiustizia, può anche contribuire a mantenere lo status quo e ad alimentare l’ingiustizia stessa. È qui che serve l’indignazione pur restando però nel ripudio assoluto della violenza.
Il gesto del Samaritano che vede la sofferenza del prossimo e se ne fa completamente carico, non è un gesto di semplice assistenzialismo. È un gesto di radicale donazione. È un gesto che odia l’indifferenza. È un gesto rivoluzionario fatto nella dimensione dell’amore per tutto ciò che è umano. È anche il miglior modo di prendersi cura di SE stessi. Il Samaritano vede un uomo che soffre e non si domanda altro. Possiamo allora ripetere con Publio Terenzio la proverbiale frase:
“… sono un essere umano, niente di ciò che è umano mi è estraneo”.
Domenica 11 Maggio - ore 16.30
Il lungo e difficoltoso
processo d’integrazione
di Francesco Bonanni
Mentre stiamo assistendo alle solite squallide diatribe tra le varie parti politiche sul Manifesto di Ventotene, un libretto datato che in modo sommario auspica la necessità di una Unificazione Europea, nessuno sembra accorgersi che questo grande sogno è ormai svanito.
Tradito da una attuale Classe Politica europea chiusa nei suoi egoismi nazionalistici e incurante degli inevitabili pericoli che un’Europa divisa in vari Stati Nazionali inevitabilmente incorrerà in un prossimo futuro. Rischia di fare la stessa fine che colpì l’Italia quando nel XV secolo, a differenza di altri Paesi Europei, non fu in grado di raggiungere la sua unità. Sin da ora si avvertono i primi segnali.
Un’Europa disunita in un mondo globalizzato non è in grado di affrontare le grandi sfide politiche ed economiche che si presentano in modo sempre più minaccioso. Sullo Scenario Mondiale non solo dominano le grandi Potenze Politiche ma anche la Grande Finanza Mondiale, quest’ultima senza Patria e che persegue unicamente propri interessi.
Tra i primi ad auspicare un’Unità Europea fu Giuseppe Mazzini quando a Berna il 15 aprile del 1834 fondò la “Giovine Europa”.
Dopo il suicidio del Vecchio Continente con la Prima Guerra mondiale l’occasione per una sua Unificazione si presentò alla fine della Seconda Guerra mondiale. Alla vecchia Europa nel 1945 non rimaneva altro che leccarsi le ferite di un conflitto per lei devastante e invece occasione di crescita di due Grandi Potenze Politico-militari: gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica.
Da quel sciagurato conflitto, frutto avvelenato delle insensate decisioni prese alla Conferenza di Pace nel 1919 a Versailles, sia i Paesi vinti che quelli vincitori uscirono in condizioni tanto disastrose che non vi era una gran differenza tra di loro.
Ebbene dalle loro macerie è però fiorito un sogno che per la prima volta nella storia si presentava realizzabile: non solo la fine della conflittualità tra i vari Paesi Europei, che per secoli con alleanze variabili si erano scatenati l’uno contro l’altro, ma addirittura una loro unificazione politica attraverso la forma di uno Stato Federale.
Un sogno portato avanti con realismo e concretezza da tre grandi Statisti accomunati da una importante caratteristica: essere “uomini di frontiera” e quindi dotati di una visione che andava oltre le ristrette e limitate concezioni nazionalistiche anche se profondamente legati sentimentalmente e culturalmente alla loro Patrie.
Erano il nostro Alcide De Gasperi, il francese Robert Schuman e il tedesco Konrad Adenauer.
De Gasperi nacque a Pieve Tesino quando era parte dell’Impero Austriaco. Fu Deputato per il Collegio di Fiemme al Parlamento di Vienna ove sostenne l’autonomia delle popolazioni italiane del Trentino. Schuman nacque in Lussemburgo ma la sua famiglia proveniva dalla Lorena. In collaborazione con Jean Monnet elaborò un piano, che da lui prese il nome (IL PIANO SCHUMAN) che fu pubblicato il 9 maggio 1990. Data che viene considerata come l’inizio del lungo processo di integrazione europea e che si celebra ogni anno come la GIORNATA DELL’EUROPA.
Nel discorso di presentazione Schuman propose alla Germania di sottoporre la produzione del carbone e dell’acciaio, all’epoca importanti materiali base per l’industria bellica, sotto il controllo di una Autorità Comune con l’intento di evitare un eventuale conflitto futuro. Con l’aggiunta dell’Italia e dei Paesi del Benelux il 18 aprile del 1951 fu costituita la CECA (Comunità del Carbone e dell’Acciaio).
Dopo la CECA il 25 marzo del 1957 nella Sala degli Orazi e dei Curiazi in Campidoglio a Roma fu firmato il Trattato che diede vita alla CEE (la Comunità Economica Europea) che nelle intenzioni dei partecipanti avrebbe dovuto rappresentare il primo passo per un sicuro futuro Processo di Unificazione europea.
Adenauer nacque a Colonia Capitale della Renania. Le sue esperienze acquisite durante la II Guerra Mondiale ne fecero un fautore del realismo politico e uno strenuo sostenitore dell’idea di una cooperazione paneuropea. Ma il progetto voluto da questi tre grandi si è arenato. Anzi appare definitivamente tramontato.
Difatti quella mastodontica e burocratica Organizzazione che è l’attuale Unione Europea ha poco a che vedere con l’originale progetto federalista e ciò per varie ragioni. La prima e la più importante è attribuibile all’eccessivo allargamento della Comunità.
Ma l’Europa alla quale si riferivano i fondatori della CEE era quella di Carlo Magno. Difatti una cosa è l’Europa Geografica e un’altra è quella Politica.
Solo l’Europa Carolingia dalla quale sono nati l’Italia, la Francia, la Germania, l’Austria, la Spagna e i Paesi del Benelux può dar vita ad un futuro Stato Federale. Paesi questi che, pur combattendosi per dodici secoli in devastanti lotte fratricide, hanno una lunga storia in comune e soprattutto una Cultura in comune.
Per questo solo ripensando ad un eventuale raggruppamento politico di questi Paesi si potrà di nuovo sperare in una futura Europa federale. A tutti gli altri si adatta una semplice Comunità economica.