SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
BUON 2025
Ci siamo lasciati a Natale con un messaggio, una riflessione di amore e di speranza. Come ad ogni inizio d'anno, questo “messaggio” è l’augurio che tutti noi vogliamo inviare a tutti voi nel calendario di appuntamenti che ci aspetta per ritrovarci ancora insieme. Insieme per parlare di musica, di poesia, di scienza o di storia: ogni proposta sarà ben accolta. Sappiamo che le note di un brano musicale, o le scansioni di un verso poetico, possono coinvolgerci emotivamente nel loro ritmo, significante per ognuno di noi nostalgie e aspirazioni diverse. Ma i sentimenti che suscitano sono più belli se con-divisi per percorrere insieme una strada nuova. Così, come ci ha detto Pino Pieri nell’incontro in attesa del Natale, bisogna guardare in profondità ciò che ci circonda, scoprire le mille facce dell’infinito spazio nel quale siamo immersi insieme agli altri e trovare nelle differenze una possibilità per con-dividere, aiutarci e godere delle stesse emozioni.
Giuliana
«Ma come faccio a trovare l’anima?»
È la domanda di Andrea il giovane attore allievo di Pino Pieri che rivolge al suo maestro.
«Bisognerebbe cambiare modo di vivere perché continuando a seguire quello che ci viene imposto, non riusciamo più a dire ‘basta’… In questo modo cambia solo la parte esteriore.
Se uno riesce a guardare se stesso scopre che l’anima ce l’ha già dentro di sé e capirà che non può continuare a correre in cerca di qualcosa che lo lascerà ogni volta insoddisfatto.
Devi cercare ‘te stesso’ devi cercare ‘l’uomo’. Bisogna soffermarsi in tutto quello che ci sta vicino e scoprire la sua perfezione».
In queste parole di Pino Pieri sta tutta la sua filosofia espressa nelle poesie che verranno recitate dall’attore Andrea Alessandrini.
Mentre il sole mi accarezza
Dolcemente il viso,
rifletto sull’esistenza dell’umano,
e mi sale dal cuore
la risposta.
Tutto ciò che ci circonda
Come soffio passa
Anche la cosa più bella
Si disperde.
Solo una cosa
Eternamente resta:
l’anima.
Dono prezioso della vita.
Scopriamola.
alla Fine 2024 per ’Inizio 2025
Pino Pieri e la sua FILOSOFIA
Poesie lette da Andrea Alessandrini
Intermezzi musicali per chitarra
di Giovanni Petriconi
GIOVANI PROMESSE
(Non solo nella recitazione)
Il Simposio del 14 dicembre ha visto l’esibizione anche del giovane chitarrista Giovanni Petriconi presso la sala delle Suore Agostiniane di via Venezia. Giovanni frequenta il quinto anno del liceo musicale “Chris Cappell College” di Anzio studiando chitarra classica sotto la guida del prof. Antonio D’Augello. In questi anni si è sempre distinto per gli ottimi risultati conseguiti che lo hanno portato ad essere premiato in diversi concorsi musicali.
Il pomeriggio si è aperto con una selezione di Ghiribizzi di Niccolò Paganini originali per chitarra strumento che il celebre violinista ottocentesco amava e suonava con grande maestria e per il quale ha composto numerose composizioni purtroppo ancora poco conosciute al grande pubblico.
A seguire il giovane Petriconi ha eseguito con bella sensibilità interpretativa, le Variazioni su un tema di Haendel op. 107 di Mauro Giuliani, caposcuola e figura di spicco della letteratura chitarristica del XIX secolo.
Il concerto si è concluso con l’esecuzione del Preludio n. 1 in Mi minore di Heitor Villa Lobos il compositore brasiliano più importante del XX secolo. Il brano tratto dalla serie dei Cinque Preludi ha colpito l’attenzione dei presenti che hanno decretato al talentuoso interprete di Nettuno, un caloroso e meritato consenso.
LETTERA
di AUGURI
Silvia D’Augello e
Alessandro Marini
Anche quest’anno, giunti al termine, speravamo che i nostri propositi di pace si sarebbero inverati nell’anno che si sta concludendo. Invece siamo di nuovo qui ad augurarci che le terre martoriate dalla guerra non siano più atroci scenari di morte. In un mondo in cui ci viene mostrata la magia del Natale in tutte le sue forme per convincerci a desiderare incessantemente qualcosa (spesso qualcosa di futile ed effimero) è bene ogni tanto fermarsi e chiedersi quali siano i nostri desideri più autentici ed è bene fermarsi a pensare a chi, in luogo delle luci natalizie, vede le proprie città, le proprie case, illuminarsi con il fuoco delle bombe.
Questo pensiero rivolto a chi è meno fortunato (e ingiustamente subisce le logiche politiche ed economiche che traggono vantaggi da queste guerre) non ha l’intento di intristire le nostre giornate di festa ma di renderci consapevoli (anche della propria eventuale fortuna a poter festeggiare il Natale celebrando con maggiore contezza e contentezza le piccole gioie della quotidianità). La consapevolezza è necessaria per ristabilire una coscienza sociale, un atteggiamento empatico e responsabile nei confronti degli altri e soprattutto nei confronti di chi soffre. Oggi non è scontato perché tutto è volutamente indirizzato ad un’attenzione eccessiva su sé stessi per incentivare l’isolamento sociale e smembrare il senso di aggregazione.
I più giovani, che hanno in mano le redini del nostro futuro, farebbero un grande atto di coraggio a distogliere l’attenzione sull’effimero mondo del social media; ribellarsi a ciò che ruota attorno alla “mala” tecnologia che li vuole omologati, infelici e consumatori; riprendersi la propria umanità che include il senso di appartenenza al genere umano, l’empatia verso il prossimo. Quale momento migliore del Natale per riflettere sulla nostra umanità e sentirci parte di una vera comunità, tangibile. Che sia la comunità del proprio quartiere, del proprio paese e del mondo. Rivolgere attenzione a chi è meno fortunato, sentirci coinvolti (diceva De André “anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”) perché siamo parte del genere umano significa tanto anche se non abbiamo il potere di far cessare le guerre o risolvere situazioni complicate.
Questa attenzione comporta azioni nel nostro quotidiano che possono migliorare la giornata degli altri (e di conseguenza la nostra) e farci sentire parte di un tutto.
POSSIAMO accorciare la distanza tra noi e il prossimo. Una distanza che si sta acuendo sempre di più a causa dell’isolamento tecnologico e della paura sociale. Il Natale è condivisione, aggregazione, famiglia.
Ma durante le festività natalizie non tutti sono felici: si avverte la necessità di avere una famiglia con cui riunirsi e possono avvertirsi più forti le assenze della famiglia stessa. Assenze di ogni forma e tipo: mancanze. La famiglia, in tutte le sue accezioni, comprende un nucleo di persone, di presenze. Chi sta vivendo la guerra in prima persona vede queste presenze negate, smembrate.
La guerra acuisce, amplifica e condensa in poco tempo molte perdite.
La guerra è una proliferazione di assenze, di mancanze. Il Natale, con la sua scia di gioia, porta con sé anche un velo di malinconia. Noi non abbiamo la possibilità di far cessare le guerre, di riempire i vuoti lasciati dalle perdite nelle nostre famiglie. Quello che però possiamo
fare è trasformare le assenze in qualcosa di nuovo che abbia il profumo di quelle assenze. Quello che possiamo fare è allargare la nostra concezione di famiglia al genere umano e accogliere nuove presenze nella nostra vita. Quello che possiamo fare è sapere che se ci sentiamo soli, c’è qualcun altro che avrebbe bisogno della nostra presenza e che se ci apriamo all’Altro, lo incontreremo. Quello che possiamo fare è non lasciarci abbrutire dall’odio divisivo, ma tendere la mano. Quello che possiamo fare è accogliere i cambiamenti che ogni Natale e ogni nuovo anno porta con sé, sperando in una proliferazione di presenze, in una nuova grande famiglia che possiamo accogliere come genere umano.