UN CHICCO D’UVA
ovvero un piccolo acino nel quale si
racchiude tutto il mistero della vita.
La maestra aveva portato in classe un bel grappolo d’uva?!
Che curiosità per tutti i bambini. Al posto del solito libro didattico con la pagina segnata per la lezione, quel giorno c’era una novità. Una gioia inaspettata invase tutta l’aula per quell’imprevisto “evento”. La classe raggiunse il massimo dell’attenzione, tutti attendevano di comprendere il mistero. Ad uno ad uno, i chicchi vennero consegnati ad ogni bambino perché ne osservasse con attenzione la consistenza, la buccia e il colore. Di quell’acino si pregustava la dolcezza e si era lì… proprio ad attendere di poterlo fare!
«Oggi lezione di scienza…», recitò prontamente la maestra. Il chicco venne sezionato in due parti: dovevamo osservare attentamente come era stato nutrito da “mamma vite” affinché potesse maturare e crescere. Pure lei, a sua volta, era nata da un piccolo seme, il vinacciolo. La lezione di scienze spiegava come funziona il meccanismo di crescita di una pianta per portare allo sviluppo i suoi frutti. Per noi, eravamo alla prima elementare, quest’invito di apparente semplicità ci accompagnava verso un’osservazione più attenta e un inconsapevole movimento nel profondo del nostro pensiero. C’era stupore e tante domande che non ci avrebbero abbandonato per moltissimo tempo.
Senza quel seme, spesso “fastidioso” per il palato, senza la polpa che lo dovrà nutrire per trasformarsi quando ritornerà in terra e senza il vinacciolo (così si chiama quel seme), la pianta della vite non esisterebbe e nemmeno i grappoli succosi appesi ai suoi tralci. … come potremmo brindare al Capodanno che sta per arrivare?
La masseria è un ampio spazio di terreno da coltivare, adatto soprattutto per i filari di vigne.
Attrezzato di fabbricati per il riparo di attrezzi, bestiame, alloggi per i lavoranti e, naturalmente, la casa del proprietario che con l’aiuto di un fattore organizzava tutta l’attività perché fosse produttiva. Era un’attività garantita da una gerarchia a cui ognuno era obbligato al rispetto e all’ubbidienza del più anziano: il “padrone”.
Per Daniela D’Amico Henderson, La Masseria situata nelle terre del sud Italia, è il “luogo” scelto per raccontare un romanzo di vite umane intrecciate negli eventi sconvolgenti della storia. Una storia indifferente alla natura circostante e ai suoi perenni e immutati cicli stagionali. Individui che rivendicano un ruolo diverso da quello della tradizione “naturale”. Per questo «diventa così una riflessione sull'importanza delle radici e del processo di rinascita, non solo materiale ma anche emotiva». (dal quotidiano del 26 ottobre 2024 «Il Roma»)
L’Istituto “Santa Maria Filippini”
di NETTUNO
in collaborazione con il “Simposio”
di ANZIO
Giovedì 18 dicembre 2025
dalle ore 16 alle ore 18
Viale G. Matteotti 87 - Nettuno (RM)
Pomeriggio Letterario
Un invito a:
leggere e scrivere - ascoltare e parlare
Un incontro con Daniela D'Amico Henderson
Una donna, una moglie e una mamma con tre figli.
E poi, un’insegnante e una scrittrice. Com’è possibile?
Daniela D’Amico Henderson è nata nella zona dei Castelli vicino Roma. Nel 2000 a 24 anni si è trasferita con il marito in Michigan, negli Stati Uniti.
Già da questi eventi della sua vita nascono gli interrogativi che stimoleranno la curiosità dei giovani studenti: pensieri e considerazioni personali per piccole cronache utili ad informare chi non ha avrà l’opportunità di questo incontro.
Daniela insegna italiano e il suo libro “La masseria”, ambientato nelle terre di Puglia e Calabria, testimonia di una cultura “arcaica” le cui tradizioni faticano ad adeguarsi alle trasformazioni drammatiche che sconvolsero la società dopo la seconda guerra mondiale…
Per saperne di più, ci sarà la presenza dell’autrice, pronta a rispondere alle domande degli studenti.
Vi aspettiamo
FABER EST SUAE
QUISQUE FORTUNAE /4
La nascita della potenza navale olandese
di Francesco Bonanni
La follia del tulipano
Quando si pensa all’Olanda viene in mente un fiore, il simbolo dell’Olanda: il TULIPANO, nome volgare della delle specie del genere TULIPA. Il nome deriva dal turco TULBENT, che significa “turbante” per la forma che il fiore sembra rappresentare.
Il genere ha avuto origine nelle zone montuose dell’Asia Centrale. Il Tulipano godette di una grande popolarità nella Turchia del XVI secolo all’epoca di Solimano il Magnifico che lo fece selezionare in diverse varietà e piantare ovunque.
In Europa arrivò nel 1554 quando l’Ambasciatore dell’Imperatore Ferdinando I alla Corte di Solimano il Magnifico, il Botanico, Archeologo fiammingo Ogier Ghislain de Busbecq spedì alcuni bulbi al Responsabile dei giardini reali olandesi, il Botanico Carolus Clusius, il quale riuscì a sviluppare numerose varietà di Tulipani nei più svariati colori e forme. In Olanda nel 1593 ebbe inizio la coltivazione di questo fiore che divenne rapidamente una merce di lusso ed addirittura un “Status Symbol” non solo per il suo valore decorativo ma anche per quello economico che aumentò notevolmente in poco tempo. Il Tulipano, soprattutto grazie alle sue irripetibili variazioni, divenne così simbolo di ostentata ricchezza. Ci fu una vera e propria mania nel suo acquisto; mania che fu all’origine di una grave “Bolla Speculativa”.
L’attenzione del Pubblico si concentrò sul possesso e sullo sfoggio degli esemplari più rari. La corsa all’acquisto dei Tulipani travolse tutta l’Olanda non a scopo di investimento ma, nella previsione di un crescente aumento del prezzo, a fini puramente speculativi. Fu una sorta di “Sindrome di Pinocchio” che, convinto dal gatto e dalla volpe, decise di seminare in un campo alcuni zecchini d’oro con la speranza di veder crescere addirittura un albero colmo di altrettante numerose monete preziose.
È la solita storia dell’illusione di poter conseguire possibili facili e rapidi guadagni. In questa “Bolla Illusoria” la prospettiva di sicuri e facili guadagni indusse molti Olandesi ad avventurarsi in azzardati acquisti che alla fine li portarono alla completa rovina.
Nel 1636 un bulbo di Tulipano, che poco tempo prima era stato considerato di modesto valore, poteva essere scambiato con un carro nuovo, due cavalli grigi ed una bardatura completa.
La Speculazione divenne sempre più freneticamente ossessiva. Uno stesso bulbo di solito veniva scambiato sulla carta più volte a quotazioni crescenti senza che mai venisse trasformato in denaro.
Lo Scrittore e saggista inglese Charles Mackay in un suo libro sulla speculazione finanziaria scrisse che nel 1636 la domanda di specie rare di tulipani aumentò in misura tale che furono aperti appositi empori per la loro vendita ad Amsterdam ed in altre città.
All’inizio tutto avveniva in un clima di piena fiducia. Ogni Operatore era convinto che la domanda di Tulipani non avrebbe avuto fine assicurando in tal modo una altrettanto inesauribile crescita dei suoi guadagni.
Persone di ogni Ceto parteciparono a questa corsa speculativa, erano Nobili, Borghesi, Agricoltori, persino spazzacamini e vecchie lavandaie.
Avevano impiegato tutti i loro risparmi ed alcuni di loro avevano addirittura svenduto le abitazioni ove abitavano il cui ricavato era stato impiegato nell’acquisto di Tulipani. Ma come ere inevitabile, nel 1637 giunse la fine di ogni illusione. All’improvviso la domanda smise di crescere e iniziò a contrarsi con il conseguente crollo delle Quotazioni. Scrisse Mackay: «Agiati Mercanti furono ridotti quasi alla mendicità e molti discendenti di Nobile Stirpe videro la fortuna della loro Casata annientata al di là di ogni riscatto».
"Natale torna"
E torna, torna, torna,
la grande festa;
con le sue luci e i suoi colori.
Ma forse
qualcosa
per chiamarla
festa...
manca:
"L'amore".
Pino Pieri
Ma , sarà proprio così?...
Diamoci da fare per dimostrare il contrario...
Giuliana insieme a tutti gli
Amici del Simposio
AUGURI DI BUONE FESTE