SIMPOSIO
Giuliana Bellorini
Coordinatrice corrispondente
del salotto sede del Simposio
“Gli amici del Simposio di Lavinio”
Sono trascorsi più di vent’anni e in questo lungo cammino qualche amico, inevitabilmente, ci ha lasciato. Nessuno è partito senza lasciare nel nostro cuore più di qualche bel ricordo. Anche per Olga, sarà così. “Gli amici del Simposio di Lavinio”, è il nome che lei scelse quando, nel marzo 2017, si offrì di aprire un sito dedicato al Simposio, per allargare le conoscenze, informare delle attività e dei relativi incontri. E sarà proprio lei a occuparsene in tutto e per tutto, mantenendo attivi gli aggiornamenti per molti anni fino a che, a malincuore, dovette rinunciare per motivi di salute. Era un’organizzatrice intraprendente e generosa, che amava coinvolgerci con incontri più allegri e spensierati, da contrapporre alle scelte forse a volte un po’ impegnative, che rischiavano una partecipazione meno numerosa.
Ma prima ancora di farsi conoscere per queste doti, Olga si è presentata come una persona appassionata dell’arte. La sua poesia esprimeva in modo semplice e spontaneo la propria creatività, che potevamo ritrovare nelle figure dal carattere primitivo che scolpiva nella pietra, o nei ritratti di figure, fiori e paesaggi che dipingeva con olio e acquarello. Si cimentava inoltre con le più bizzarre sperimentazioni, recuperando materiali di ogni genere.
Anche se da qualche tempo Olga non poteva più essere parte attiva nei nostri incontri, ci sembra doveroso ricordare il suo merito nel far conoscere il Simposio oltre gli spazi della sede locale. Facebook è diventato ufficialmente la nostra bacheca, un punto d’incontro e di informazione per le nostre iniziative e per quelle di altri amici. Crediamo che incontrarci per condividere delle stesse passioni sia una grande opportunità e un’occasione per arricchirci attraverso il piacere del dialogo nelle diverse opinioni.
E, molto di tutto questo, lo dobbiamo proprio alla cara Olghina.
Giuliana
I RACCONTI DAL FARO
“LE 13 COLONIE”
AMERICANE E
LA LEGA IROCHESE
LA COLONIZZAZIONE
Quando i coloni inglesi iniziarono a sbarcare in America nella prima metà del 1600, il territorio dei nativi Irochesi si estendeva negli attuali Canada meridionale e Stati Uniti del Nord-Est, nella regione dei Grandi Laghi.
Il Regno di Inghilterra, che non aveva in progetto di creare un impero coloniale nel Nordamerica, lasciò ai suoi coloni l’iniziativa di insediarsi lungo la pianura costiera tra l’Oceano Atlantico e la bassa Catena dei Monti Appalachi, che gli apparteneva. Verso quelle terre, sino alla metà del 1700 vi fu una lenta, ma consistente emigrazione dal Vecchio Continente: vi era chi vi cercava una nuova patria, chi voleva sfuggire alle guerre o alle persecuzioni religiose, chi alla miseria. Le colonie (“di popolamento”) che sorsero poterono svilupparsi e, quando divenute stabili, la Corona riconobbe loro un alto grado di autonomia amministrativa.
“IL GRANDE SPIRITO” UNISCE SEI TRIBÙ
I nativi americani - a differenza di cinquecento anni prima, quando avevano ricacciato dall’Isola di Terranova i Vichinghi norvegesi della Groenlandia - non erano riusciti questa volta ad opporsi agli Europei con la forza, e, inoltre, erano stati decimati dalle malattie epidemiche da quelli portate. I coloni instaurarono con i nativi una convivenza fatta di un’alternanza di conflitti, di alleanze e di tentativi di collaborazione.
La principale famiglia con la quale i nuovi arrivati si trovarono a contatto fu quella degli Irochesi. Questi, agricoltori ed eccellenti guerrieri, avevano dato vita sin dalla seconda metà del 1500 ad una confederazione di tribù passata alla Storia come “La Lega degli Irochesi”, che - nata per fronteggiare uniti le guerre - in tempo di pace si trasformava in una organizzata rete sociale e solidale, in cui ciascuna tribù conservava la propria sovranità. La confederazione comprendeva sei nazioni (Seneca, Cayuga, Oneida, Onondaga, Mohawk e Tuscarora), ed era disciplinata da “La Grande Legge della Pace” (una specie di moderna “Costituzione formale”), le cui norme erano codificate in cinture di conchiglie con sequenze di pittogrammi (solo alla fine del ‘700, gli Irochesi ebbero una scrittura, con un alfabeto).
Narra la leggenda “che una notte dell’anno 1570 Il Grande Spirito apparve in sogno ad un capo degli Onondaga dicendogli che le tribù irochesi dovevano stringersi in una lega, perché solo unito un popolo poteva essere forte e prosperare”.
La società irochese riconosceva ai suoi componenti i diritti di partecipazione attiva alla vita politica e di libertà individuale, e funzionava sulla base di principi che potremmo oggi definire “democratici” (ciò è valso agli Irochesi l’appellativo di “Greci d’America”, in ricordo delle pòleis, città-Stato dell’Antica Grecia, ove il potere risiedeva nel popolo, il dèmos).
La Lega, che controllava un vasto territorio con una precisa struttura sociale e con i suoi guerrieri, era governata da un Consiglio di 48 sachem (capi) eletti dalle donne anziane di ogni tribù (ndr; la società irochese era “matrilineare”, con i figli che ereditavano la posizione sociale e i beni per linea materna); ogni tribù aveva un voto nel Gran Consiglio, che poteva essere convocato su iniziativa di ciascun Consiglio tribale.
CONFEDERAZIONE TRA LE COLONIE
Benjamin Franklin (1706-1790, scienziato-inventore, politico, spirito illuminista) aveva partecipato nel 1744 in Pennsylvania alle riunioni per la stipula di trattati tra coloni e Irochesi; e di questi ultimi si era guadagnato il rispetto tanto da essere “adottato” dalla nazione Mohawk. Fu allora che egli pensò ad una struttura federativa similare per le colonie americane. Trascorse un decennio. Il 19 Giugno 1754 si riunirono a congresso ad Albany (nell’attuale Stato di New York) i rappresentanti di sette colonie inglesi del Nord Atlantico (Connecticut, Maryland, Massachussetts, New Hampshire, New York, Pennsylvania e Rhode Island) per discutere del loro futuro e, nell’occasione, furono invitati anche i rappresentanti delle nazioni irochesi federate.
Sulla scia di quanto discusso, Franklin elaborò e presentò il “Piano per l’Unione”, la prima proposta formale per l’unificazione politica delle colonie (con un’unica legislazione e con un presidente generale nominato dalla Corona britannica). Alle prime sette colonie aderirono poi altre sei, nate queste per specifici scopi economico-commerciali (New Jersey, Delaware, Virginia, Carolina del Nord, Carolina del Sud e Virginia).
INDIPENDENZA
Consapevoli della propria identità, “Le 13 colonie” iniziarono a resistere alla politica della madre-patria. I contrasti con il Regno di Gran Bretagna esplosero nel 1765, quando esse reagirono all’applicazione di una legge (lo “Stamp Act”) del Parlamento britannico che stabiliva una imposta diretta da applicare nei loro territori. I coloni reclamavano infatti il diritto di riconoscere come vincolanti solo gli atti votati dalle loro assemblee. Le tensioni crebbero negli anni e sfociarono nella Guerra di Rivoluzione Americana (1775-1783), nel corso della quale “Le 13 Colonie” combatterono vittoriosamente per la propria autonomia e il 4 Luglio 1776, riunite a congresso a Filadelfia, sottoscrissero “La Dichiarazione di Indipendenza”, atto di affrancamento dal Regno di Gran Bretagna e di nascita degli Stati Uniti d’America. Nel 1787, sempre a Filadelfia, ne approvarono la Costituzione, entrata in vigore nel 1789, e tuttora vigente. Tra i padri-fondatori che parteciparono alla stesura della “Dichiarazione di Indipendenza” e delle conseguenti norme costituzionali, vi fu - oltre al citato Benjamin Franklin - anche Thomas Jefferson (1743-1826, politico illuminista, scienziato, futuro terzo Presidente), altro conoscitore della società irochese.
RICONOSCIMENTO
Il Congresso degli Stati Uniti d’America, nell’Ottobre 1988, con la “Risoluzione n. 331”, ha riconosciuto ufficialmente l’influenza de “La Grande Legge della Pace” irochese nella formulazione del testo costituzionale statunitense.
Il Guardiano del Faro