Perentoria risposta della Commissione Europea alla proposta sulle concessioni balneari in merito alla direttiva Bolkenstein
Balneari: l’Europa boccia Salvini
Siamo sempre i discoli della classe, i furbi italiani, o almeno quelli che provano a fare i furbi, per uscirne spesso con le ossa rotte. La direttiva europea sulla concorrenza, detta Bolkenstein dal Commissario che l’ha concepita, che è diventata legge dello Stato italiano col suo recepimento il 26 marzo 2010, resta materia del contendere con l’Europa ancora oggi.
Dopo inutili tentativi di cambiare le carte in tavola con la pretesa mancanza di carenza della risorsa, fallito miseramente, un ultimo rinvio definitivo per la sua applicazione, fino al 2027, strappato con le unghie, dopoun tira e molla sulle modalità di risarcire i concessionari uscenti, che il nostro governo vorrebbe agevolare con indennizzi che, per l’Europa, si identificherebbero in violazione della libera concorrenza, le autorità europee hanno perso la pazienza.Mentre la spada di Damocle di una procedura di infrazione, aperta da 1692 giorni contro il nostro Governo, rischia di essere resa esecutiva e causare multe salatissime per il nostro Paese.
Il confronto, fra imprenditori balneari ed il governo in carica, non può più risolversi con l’ennesimo rinvio o l’ennesima concessioneper il timore di scontentare una categoria molto forte, anche se non sempre compatta, come hanno fatto per anni i governi precedenti.
Il rinvio del termine ultimo per indire le gare al 30 settembre 2027, ignorando anche il termine fissato dal Consiglio di Stato, non ha soddisfatto i concessionari i quali hanno voluto che la proposta includesse, di fatto, il risarcimento al concessionario uscente; quello che in commercio viene chiamato avviamento commerciale; nonostante fosse noto che l’indennizzo avrebbe dovuto solo coprire i capitali investiti ma non ammortizzati.
La lettera ricevuta dal Governo Italiano dalla Commissione Europea ribadisce in modo perentorio che il decreto ministeriale, su cui il Ministro Salvini si è a lungo applicato, non può essere accettato.
“In termini giuridici”, ribadisce il commento della Commissione al documento italiano, “la posizione resta quella delineata nella comunicazione del 19 agosto 2024 laddove si osserva che il diritto dell’Unione non consente, nelle circostanze di questo caso, di riconoscere alcuna compensazione agli operatori uscenti, tanto meno a carico dei nuovi concessionari. L’Unione accetta di fatto il concetto di risarcire i beni ammortizzabili e non ammortizzati ma “Qualsiasi obbligo imposto al nuovo concessionario in merito al versamento di una compensazione all’operatore uscente” scrive ora la Commissione “non deve essere tale da creare oneri indebiti che scoraggino, de jure o de facto, nuovi operatori dal partecipare alle procedure di selezione e segnatamente che le disposizioni in materia di compensazione debbano rimanere limitate ai soli investimenti non ammortizzati e non essere dissuasive o comportare una sovra compensazione”.
Insomma non c’è piu spazio per ulteriori inutili discussioni: il termine ultimo per l’estensione delle concessioni esistenti e il risarcimento per il concessionario uscente è relativo solo al valore degli asset ammortizzabili ma non ammortizzati. Il problema fu trattato male sin dai governi che hanno ratificato la norma europea lasciando inalterata la legislazione che regola il demanio marittimo. La situazione italiana, con le concessioni balneari praticamente senza termine e senza filtro, trasmesse anche per via ereditaria o vendute ad altri, ha sin dall’inizio fatto considerare il nostro Paese come l’esempio di quello che non è un regime di concorrenza. La Spagna, per esempio, si è presentata alla ratifica con una legislazione nazionale (Ley de Costas) che considera gli arenili come asset strategici per cui non ricadono sotto la legislazione europea, mentre ricadono sotto la normativa Bolkenstein il rilascio di licenze per i chioschi. Ma quello che ha, sin dall’inizio, attratto le critiche della Commissione, per quanto riguarda il nostro Paese, è praticamente l’assenza di qualsiasi limite di tempo o esercizio di selezione nel rilascio delle concessioni. Rendendole praticamente permanenti; mentre in altri paesi esse sono state soggette a termini di tempo ed a selezioni periodiche.
Ora c’è da chiudere la faccenda ed i termini non possono che essere quelli dettati dall’Europa: prima si fa, meglio è, perché lo stato di provvisorietà è un elemento che scoraggia gli investimenti e frena lo sviluppo. Ora si facciano le gare: gare basate sull’equità che premino le soluzioni migliori e che tengano fuori la criminalità organizzata che in situazioni del genere ha fatto già sentire tutto il suo peso in varie località.
Sergio Franchi