Dal libro “Pomezia Origini Genti e Personaggi” scritto dal professor Antonio Sessa ed edito dalla Angelo Capriotti Editore nel 1990
Fondazione: cronaca di quel 25 aprile 1938
“La posa della prima pietra avvenne nell'area dove sorge ora la torre comunale - ricorda Silvio Bello, testimone oculare di quel 25 aprile 1938 - nel posto più scabroso in località Petronella, di proprietà del principe Altieri. Vi era una grande pozza di acqua morta e tutto il lato destro dell'attuale via Roma era uno strapiombo abbandonato. C'era tanta gente, molta venuta da fuori; gli operai dell'opera avevano portato e messo in fila ruspette, aratri, carri tirati da buoi. Su tutte le case di campagna e sugli alberi erano state innalzate bandiere; il pianoro ondulato della Petronella, dove avvenne l'inaugurazione, era pieno di gente e così tutto il percorso dove era previsto il passaggio del corteo".
Sul pianoro, la piazza del Comune odierno, erano state erette due tribune festose ricoperte di verdure e fra tralci di mortella pendevano grossi pomi. Di lato alle tribunette, in uno stretto spazio, sotto una piccola tettoia, era collocato il plastico del piano regolatore della borgata. Di fronte alla tribuna principale, dove si addensò la folla dei rurali, sorgeva il cavalletto di travi di ferro, su cui era sospeso, imbracato con catene, il masso di travertino che doveva essere interrato.
Su un piccolo tavolo verde, posto davanti al cavalletto, poggiava la pergamena che Mussolini doveva firmare e il bossolo che doveva contenerla. Il Duce arrivò alle ore 16.00 accolto dal presidente dell'Opera Nazionale Combattenti, On. Di Crollalanza, e salì rapidamente sul piccolo podio.
La folla gli rivolse un saluto entusiastico: erano circa 20.000 persone, convenute da Roma e da tutto l'Agro; molti con i costumi caratteristici.
Inquadrato in una legione di Roma, la 781¡ vi era anche il piccolo "Balilla" Giuliano Conforti.
Ma ecco la sua testimonianza: "I nostri trombettieri annunciarono l'arrivo delle autorità; di contro noi tamburini rullammo all'unisono sui tamburi. A distanza di anni il ricordo si è sbiadito, anche se mi è rimasta l'impressione di essere stato partecipe di un grande avvenimento".
Suonavano le fanfare. Mussolini rispondeva al saluto della folla con visibile compiacimento, rivolgendosi in particolare a un gruppo di studenti giapponesi in visita a Roma e sistemati sull'altra tribunetta.
Il blocco di marmo venne benedetto da Mons. Trovalusci, Vicario generale di Albano c Ostia, il quale rivolse a Mussolini un indirizzo di omaggio. Il masso venne quindi calato nello scavo.
Le bandiere a quel punto vennero innalzate sui pennoni, i reparti presentarono le armi; intanto brillavano le mine per aprire la grande strada, la via Littoria (la Pontina dei giorni nostri), che avrebbe collegato Roma con l'Agro Pontino.
Mussolini ritornò sul podio, ove gli venne offerto un omaggio: la frutta dell'Agro. Il suo discorso fu breve e alla fine la folla intonò il canto pucciniano "Inno a Roma".
L'appuntamento per l'inaugurazione della nuova città fu fissato per il 29 ottobre dell'anno successivo.